Esiste una piccola fetta di foresta vergine situata lungo il confine tra la Bielorussia e la Polonia, che rappresenta tutto quello che rimane della foresta che si estendeva milioni di anni fa sull’Europa: la foresta di Białowieża è patrimonio dell’umanità dell’UNESCO e riserva delle biosfera, un parco naturale protetto che è una vera meraviglia, tanto che negli anni ’70 la biologa Simona Kossak (30 maggio 1943 – 15 marzo 2007) decise di abitarvi più di per condurre i suoi studi.
Troverai di più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le pietre ti insegneranno ciò che non si può imparare da maestri.
~ San Bernardo ~
Simona ha scelto uno stile di vita antico ed essenziale per non intaccare la foresta, ha provato in tutti i modi a non imporre le regole umane e ha deciso di regredire e di vivere a stretto contatto con la natura, con i suoi ritmi lenti e imprevedibili, è divenuta abitante rispettosa dei boschi.
Leggi anche —> Il bosco è un luogo magico: ecco perché frequentarlo più spesso
La decisione di Simona Kossak di vivere nella natura
Per questa sua decisione di vita è stata una donna all’avanguardia: laureata in Scienze Forestali e conduttrice radiofonica, fece una scelta radicale che la portò a vivere in un posto magico e a battersi per la salvaguardia di questi luoghi, fece anche diversi documentari a riguardo e vinse premi e riconoscimenti per i suoi appassionati lavori.
La donna visse in una capanna senza elettricità e acqua corrente, lontano da ogni comodità ma a stretto contatto con la natura e gli animali, che presto trovarono nella sua abitazione un rifugio. In quell’epoca le donne come lei erano etichettate come streghe, donne in grado di comunicare con gli animali e con la natura stessa, e lei più di altre era particolare proprio per la sua stravagante convivenza per diversi anni con un grosso corvo nero, Korasek, particolarmente dispettoso tanto da essere soprannominato corvo-terrorista, infatti ne combinava di tutti i colori. Simona diceva di lui:
“La gente chiamava il corvo un villano domestico e un ladro. Terrorizzò metà dell’area di Białowieża. Rubava pacchetti di sigarette, spazzole per capelli, forbici, arnesi da taglio, trappole per topi e blocchetti per appunti. Attaccava i ciclisti e quando cadevano faceva a pezzi i sedili delle biciclette. Rubava le salsicce ai taglialegna nei boschi e faceva buchi nelle borse delle spesa. La gente pensava che Korasek – perché così si chiamava – fosse una forma di castigo per i peccatori. Agli amici di Simona rubò di tutto, chiavi della macchina, documenti, eccetera ma bastava promettergli un uovo e insistere un po’ e Korasek, anche se di malavoglia e con ben poca grazia, restituiva il bottino”. (Tratto da “Simona. Opowieść o niezwyczajnym życiu Simony Kossak”, libro di Anna Kamińska uscito nel luglio 2015).
Insieme a lei visse per 17 anni anche una femmina di cinghiale, Zabka, una lince, una cicogna nera, un bassotto e alcuni pavoni, ma non solo, la sua capanna era così in sintonia con la foresta e considerata un luogo talmente sicuro che una cerva la scelse come nursery per partorire i suoi cuccioli, che furono allattati dalla biologa e lei stessa fu riconosciuta da loro come “madre”, tanto che la donna scrisse nel suo libro di un’avventura vissuta con loro:
“Un giorno i cervi, che avevo allevato con il biberon e che per molti anni mi seguirono nei boschi, manifestarono segni di paura e non vollero entrare nella foresta a pascolare. Come mi ci diressi io si fermarono, le orecchie rizzate e il pelo diritto sul fondoschiena. In apparenza doveva esserci qualcosa di assai minaccioso nella foresta. Attraversai metà dello spazio aperto e mi fermai, perché i cervi stavano producendo un terribile coro di latrati alle mie spalle. Mi voltai e ce n’erano cinque, rigidi sulle zampe, che mi guardavano e chiamavano: Non andare, non andare, c’è la morte laggiù! Devo ammetterlo, restai di stucco ma alla fine andai. E trovai che c’erano tracce di una lince, una lince aveva attraversato la foresta. Trovai le sue feci più avanti. Cos’era successo? Un carnivoro era entrato nella fattoria, i cervi lo avevano notato ed erano spaventati. Poi hanno visto la loro “madre” andare verso la morte, completamente inconsapevole, e dovevano avvisarla – per me, lo dico onestamente, quel giorno fu una conquista. Avevo attraversato il confine che ci divide dagli animali, un muro che non sembrava possibile abbattere. Se mi avevano avvisata voleva dire una sola cosa: sei un membro del branco, non vogliamo che tu sia ferita. Ho rivissuto questo momento molte volte e persino oggi, quando ci penso, provo un senso di calore al cuore. La madre cerva si era avvicinata alla capanna, aveva accettato lo zucchero da me offertele e poi aveva partorito i suoi cuccioli in quel luogo sentito come ospitale. Con il tempo, altri animali sono apparsi nel rifugio accanto alla mia casa. Dopo la denuncia e la rimozione delle trappole, un branco di lupi si avvicinò alla mia casa nella foresta, ululando tremendamente. E’ stato un inno di gratitudine per aver salvato le loro vite. I lupi non si avvicinano mai agli edifici se possono evitarlo, sono troppo spaventosi per loro. Forse hanno percepito l’aura amichevole che emana dalla capanna. Le persone mi chiamano strega, perché parlo con gli animali.
“. (Tratto da “Simona. Opowieść o niezwyczajnym życiu Simony Kossak”, libro di Anna Kamińska uscito nel luglio 2015).
Leggi anche —> “Herbana”: il libro che ci fa vivere un anno nella foresta
Il rapporto di Simona con gli animali della foresta
Simona era in grado di occuparsi degli animali della foresta al punto che decise anche di realizzare una specie di ambulatorio veterinario apposito e dopo queste sue vicissitudini con gli abitanti della foresta fu definita zoopsicologa.
Ma nel suo rifugio arrivarono anche altri animali come due cuccioli di alce che erano rimasti orfani, e un ratto femmina, Kanalia, al quale piaceva particolarmente dormire in una delle maniche della maglia della dottoressa, la quale non discriminava nessun essere vivente, anzi li conosceva a tal punto da prevedere quello che stava per accadere intorno a lei, ad esempio riusciva a prevedere l’andamento del clima osservando il comportamento dei pipistrelli!
A stretto contatto con Simona Kossak c’era il fotografo naturalista Lech Wilczek, il quale divenne suo compagno per la vita e testimoniò la sua vita attraverso fotografie meravigliose.
La via più chiara verso l’Universo è attraverso una foresta selvaggia.
~ John Muir ~
Nel 1993 l’intraprendente donna iniziò una delle battaglie più importanti per lei, quella per salvaguardare i lupi e le linci della zona, i quali venivano catturati attraverso trappole discutibili e vietate (pesanti ganasce metalliche), per condurre degli studi telemetrici per i quali si necessitava l’utilizzo di collari con trasmettitori radio sugli animali. Simona denunciò l’uso di questi strumenti al Governo e dopo la rimozione delle trappole un branco di lupi fece visita alla sua capanna e cominciò ad ululare in segno di gratitudine. Nel 2000 le venne consegnata la Croce d’Oro al Merito come riconoscimento dei suoi servizi nel campo della divulgazione scientifica e della salvaguardia della natura, ma purtroppo nel 2007 una terribile malattia la portò via.
Di seguito un breve estratto del film “Miejsce w Raju” (Posto in paradiso) che narra la vita di Simona Kossak e del suo compagno Lech Wilczek, che vale la pena guardare per le meravigliose fotografie che ritraggono la donna con i suoi amici animali.
La vita di questa donna fu straordinaria, definita strega perché era in grado di comunicare con gli animali, fece qualcosa di veramente fuori dal comune vivendo secondo i suoi principi e a stretto contatto con un mondo che dovremmo imparare a conoscere meglio, a rispettare e a comprendere per poterlo salvare proprio da noi stessi, perché sarà l’unica eredità che potremo dare ai nostri figli, un’eredità ricca di valore e fondamentale per la nostra sopravvivenza.
Leggi anche —> Vivere in campagna: i meravigliosi benefici per l’anima