Il pianista con le ossa di cristallo, così viene ricordato Michel Antoine Petrucciani, uno dei più grandi musicisti jazz francesi. Nato nel 1962 a Orange, di origini napoletane (il nonno era di Portici), impara fin da piccolo a suonare la batteria e il pianoforte. Prima apprende la musica classica, in seguito il jazz, sua grande passione, traendo ispirazione dal padre, rinomato chitarrista.
I genitori gli regalano da piccolo un pianoforte giocattolo ma Michel lo scaraventa a terra riducendolo in mille pezzi, lui vuole un pianoforte vero. Fortunatamente il padre recupera un piano verticale nella vicina base militare. Il primissimo debutto è precoce, a 13 anni, presso il Cliousclat Festival, nel distretto della Drome. La sua carriera pubblica ha inizio prestissimo, a soli 15 anni, quando il trombettista Clark Terry, impegnato al Festival di Cliousclatesi, si ritrova momentaneamente senza pianista e necessita di un sostituto. Michel si fa avanti e Clark, vedendolo, pensa ad uno scherzo. Michel si mette al pianoforte e inizia a fare un blues di qualche minuto. Terry è senza parole. Di lì in avanti è un susseguirsi di successi e in California, dove Michel si trasferisce nel 1981, la fama aumenta ulteriormente dopo che viene scoperto dal sassofonista Charles Lloyd.
Nessuno si aspetterebbe da un musicista del suo calibro un’altezza di 102 cm dovuta non a semplice nanismo, ma a una grave malattia detta sindrome delle ossa di cristallo, la osteogenesi imperfetta. Una malformazione che Michel si porta dietro dalla nascita, estremamente limitante per il suo sviluppo fisico. Altezza a parte, Michel non supera i 25 chili di peso, fatta eccezione per l’ultimo periodo di vita, e a causa della fragilità delle ossa, subisce fratture multiple ed è costretto a ingessare più volte braccia e gambe.
La malattia, condivisa con un altro grande artista francese (di altra epoca), Henri de Toulouse-Lautrec, lo costringe ad utilizzare una pedaliera per raggiungere i pedali del pianoforte, ma nonostante le difficoltà Petrucciani si dichiara addirittura avvantaggiato dall’handicap, grazie al quale in giovinezza si è dedicato solo alla musica, evitando altre tipiche distrazioni. Michel muore nel 1999 all’età di 37 anni a New York, esattamente agli stessi anni di Henri de Toulouse-Lautrec.
Michel Petrucciani e il suo amore per la vita
Chi ha conosciuto Michel Petrucciani lo descrive come un uomo passionale molto distante dall’idea convenzionale del disabile rassegnato. Mary-Ann Topper, sua manager a New York, lo descrisse così: “Non ho mai conosciuto nessuno che amasse vivere come Petrucciani, e vivere la vita in pieno. Un giorno mi disse: “Mary-Ann, voglio avere almeno cinque donne in una volta e voglio fare un milione di dollari in una notte”. Cose impossibili. Ma Michel non pensò mai che qualcosa fosse impossibile. Sennò non avrebbe mai fatto niente“.
Il sassofonista Wayne Shorter affermò che Michel non si lamentava mai e che era un uomo straordinario.
Secondo i critici la musica di Michel, dal punto di vista tecnico, non era migliore di quella di tanti altri artisti, tuttavia a differenziarlo era il piacere. Perché Michel “si fidava dei suoi impulsi” e li seguiva, suonava con il cuore, e si percepiva. In un’intervista disse: “Così sono io, non suono per le teste della gente, ma per i loro cuori, mi piace creare risate ed emozioni, questo è il mio modo di lavorare“.
Cosa ci insegna Michel Petrucciani
Abbiamo già parlato del fatto che la disabilità e qualunque altra forma di diversità non rappresenta necessariamente un limite. Dipende dai punti di vista. Non che vivere con una disabilità sia semplice, di certo l’esistenza di Michel Petrucciani non è stata tutta rosea, le difficoltà non sono mancate nel corso degli anni, eppure questo uomo grandioso, non solo per il suo talento, è riuscito a trasformare quello che avrebbe potuto distruggerlo in una forza. Come?
1. Imparando a non dare per scontata la vita, come spesso accade quando tutto fila liscio.
2. Imparando a vivere ogni giorno fino in fondo, con grande entusiasmo.
3. Imparando a non avere paura di osare l’impossibile. Perché nulla è davvero impossibile. E un pianista alto circa 1 metro, con un corpo tanto da fragile da rischiare di spezzarsi ogni minuto, con una vita a rischio ogni giorno, ne è la dimostrazione.
4. Imparando a credere nei propri sogni, a prescindere dalle circostanze.
5. Imparando a credere in se stessi, nella propria forza e volontà, partendo dall’idea che la vita merita di essere vissuta intensamente anziché essere subita in modo passivo.
6. Imparando a guardare oltre l’apparenza anche in amore. Michel ebbe numerose donne nel corso della sua vita, evidentemente affascinate dalla sua persona, a prescindere dall’aspetto fisico.
7. Imparando a non lamentarsi di ogni cosa. Michel non si lamentava mai ma avrebbe avuto, volendo, tanti motivi per farlo.
Se Michel Petrucciani vi ha conquistati, vi consigliamo la visione di un documentario sulla sua vita diretto da Michael Radford, “Michel petrucciani body and soul”, un ritratto emozionante di questo musicista straordinario, scomparso giovane e oggi sepolto al Père Lachaise di Parigi accanto a Frédéric Chopin.
Laura De Rosa