“Prima di iniziare il concerto voglio dirvi un paio di semplici cose. In questo periodo travagliato vi voglio dire che vi amo tutti. E vi amo perché sono stato benedetto a essere cieco. Lo scopo di ogni giorno è quello di piacere a Dio e di usare il dono della canzone che mi ha regalato per aiutarvi ad andare avanti“ (dal discorso di apertura al concerto ad Hyde Park, Londra)
Stevie Wonder, all’anagrafe Steveland Judkins Morris, nasce a Saginaw, nel Michigan, il 13 maggio 1959. Cieco dalla nascita a causa di una retinopatia dovuta a problemi legati al parto prematuro della madre, peggiorata da un eccesso di ossigeno nell’incubatrice, dimostra fin da piccolo un incredibile talento musicale.
Bambino prodigio, inizia ad avvicinarsi alla musica a soli 3 anni di età, a 4 anni suona il piano e altri strumenti. Il suo primo contratto è con l’etichetta Motown per la quale incide molti successi. Vince 25 Grammy Awards, ma il periodo migliore della sua carriera arriva tra il 1970 e il 1976, quando Stevie Wonder pubblica 5 album in cui parla dell’amore, della vita, dell’umanità e di Dio. In questo stesso periodo decide di staccarsi dalla casa discografica di riferimento per produrre se stesso in autonomia. Una decisione saggia visto che nel 1974 raggiunge la prima posizione nella Billboard Hot 100 ed in Canada con il singolo “You Haven’t Done Nothin“.
La sua carriera prosegue all’insegna del successo, negli anni 80′ conquista le classifiche mondiali, negli anni 90′ ha meno successo ma ritorna in scena nel 2005 conquistando la quinta posizione della classifica statunitense con l’album “A Time to Love”. Oggi è considerato uno degli artisti della black music più importanti di sempre, ha infatti contribuito a far evolvere la musica soul e il rhythm and blues.
Stevie Wonder e il suo impegno a favore dei non vedenti
Al di là del suo talento musicale, Stevie Wonder nel corso della vita si è sempre impegnato a favore dei non vedenti, parlando della delicata tematica anche alle Nazioni Unite, in un discorso riguardante le violazioni dei diritti umani durante la Giornata Internazionale delle persone con disabilità. Wonder in quell’occasione affermò che, nonostante i provvedimenti presi a favore dei non vedenti, molte persone con questa disabilità continuavano a subire violazioni ed emarginazioni, sottolineando l’importanza dell’uguaglianza, non solo verso i disabili ma verso tutte le minoranze e tutti i “diversi”:
“Siamo resi ancora più disabili dalle etichette negative che ci separano, che emarginano le persone per la loro etnia o per il loro credo religioso… invito i cittadini e i leader politici di tutto il mondo a porre fine all’odio e il fanatismo di qualsiasi tipo.“
Quando la debolezza è una forza: la conferma dalla scienza
Le debolezze sono necessariamente negative? Stando agli esempi di tanti artisti che hanno tratto linfa vitale proprio dalle loro “debolezze”, la risposta è “no”. E nel caso di Wonder, e di altri musicisti non vedenti, lo conferma addirittura la scienza. Secondo alcuni studi condotti in materia, il cervello dei musicisti non vedenti, e non sono pochi, lavorerebbe in modo diverso rispetto a quello dei colleghi vedenti. In questo caso la situazione di apparente svantaggio avrebbe risvolti positivi perché aumenta la sensibilità verso i suoni. Una persona non vedente tende infatti ad avere gli altri sensi più spiccati per compensazione, a tutto vantaggio (anche) della corteccia uditiva.
Un ulteriore studio condotto dal Beth Israel Deaconess Medical Center ha dimostrato che gli artisti non vedenti riconoscono i toni senza referenti esterni nel 60% dei casi, sviluppando una corteccia uditiva decisamente migliore rispetto ai vedenti. Ciò non significa che tutte le persone cieche siano portate per la musica ma i talentuosi non vedenti potrebbero avere una marcia in più.
Al di là di queste ricerche, ciò che ci interessa sottolineare con l’esempio di Stevie Wonder, e di altri artisti di cui abbiamo già trattato come Vincent Van Gogh e Simona Atzori, è che la disabilità, la diversità o qualunque forma di presunta “debolezza” non è necessariamente da considerarsi negativa. Molto dipende da come viene vissuta, dal punto di vista, e dalla capacità della persona di ribaltare la situazione a proprio favore.
Stevie Wonder non è l’unico musicista non vedente che ha avuto una carriera di successo, la storia della musica è costellata di autori, cantanti, pianisti, che hanno saputo trasformare le proprie “mancanze” in virtù. Basti pensare a Ray Charles, divenuto cieco a sette anni, o allo straordinario Michel Petrucciani, pianista con le “ossa di cristallo”, nome popolare della cosiddetta osteogenesi imperfetta che rende le ossa molto fragili. Petrucciani non era cieco ma alto poco più di un metro, con un corpo sproporzionato, e delle mani in grado di emozionare il mondo. Il pianista francese affermò più volte che il suo disagio fisico era in realtà stato un vantaggio perché gli aveva permesso fin dalla giovinezza di dedicarsi totalmente alla musica, tralasciando altre cose, e forse fu quello stesso disagio a donargli tanta forza di volontà e capacità di vivere ogni attimo fino in fondo.
Tutti questi grandi artisti ci dimostrano che il concetto comune di debolezza ha bisogno di una spolveratina perché a volte è proprio “lei” a fare la differenza. Purché si sia in grado di osservarla e viverla da un’altra prospettiva. Noi “normali”, d’altro canto, possiamo contribuire imparando a rispettare la diversità, ogni giorno, guardandola a nostra volta con occhi nuovi.