La simbologia del deserto è articolata e interessante anche dal punto di vista religioso ed esoterico. Il deserto solitamente simboleggia isolamento e aridità, nulla e vuoto. Tuttavia pur essendo luogo di morte, è considerato anche luogo di rinascita e soprattutto luogo dello spirito. Non a caso si narra che proprio nel deserto Giovanni Battista fosse cresciuto e avesse fortificato lo spirito prima di presentarsi a Israele (Lc.1:80; Mt. 3:3) ed è sempre nel deserto, secondo quanto riportato in Mc.1:35, che Gesù si ritirava per la preghiera lottando contro le tentazioni di Satana.
I 40 giorni di digiuno di Cristo nel deserto simboleggiano la durata della sua rivelazione nell’uomo che si sta evolvendo. Fra l’altro i famosi 40 giorni sono assimilabili ai 40 anni durante i quali gli ebrei camminarono nel deserto dopo il passaggio attraverso il Mar Rosso, prima di entrare nella terra promessa. L’esperienza del deserto è quindi fondamentale nel cammino di fede percorso per raggiungere la terra promessa, affidandosi a Dio. Perché è proprio qui che gli israeliti imparano a fidarsi della sua parola.
Il deserto pertanto rappresenta un passaggio arido, legato alla morte per l’assenza di vita che lo caratterizza, ma anche legato all’esperienza di Dio. Nel ciclo di vita desertico secondo alcune tradizioni l’uomo entrerebbe ed uscirebbe da due porte, la Porta dell’uomo e la Porta di Dio, agli antipodi l’una rispetto all’altra. A metà fra le due porte c’è il punto di equilibrio, che separa e unisce le varie parti.
Il deserto è quindi simbolicamente una fase esistenziale in cui bisogna fare i conti con l’essenzialità del vivere per abbandonare cose che sembrano indispensabili ma non lo sono e che anzi, in questo passaggio, diventano addirittura ingombranti. Promuove quindi un ribaltamento di prospettiva perché nel deserto rimane solo ciò che davvero ha valore.
Nel vuoto è possibile scoprire la preziosità della vita perché aumenta la sensibilità nei confronti dell’esistenza. La vita appare allora come un miracolo perché non viene data per scontata. I vivi nel deserto lo sono davvero. Nel deserto, grazie alla privazione, i sensi si affinano e diventano capaci di cogliere l’invisibile.
Con l’entrata nel deserto c’è anche la possibilità di aprire lo spirito ai grandi ideali. Perché è un passaggio, un uscire da qualcosa per entrare in qualcos’altro, un tempo di mezzo che conduce verso il futuro ideale. Si esce da una situazione ormai giunta al termine, arida, e si entra in una nuova situazione, rischiosa ma rigogliosa. Si passa dal caos alla vocazione, che è partenza per la propria missione autentica. Ma occhio a non dimenticare che si è pur sempre in un territorio instabile che non è definitivo e non va confuso con la meta. Ma non bisogna nemmeno perdere la speranza, pensare che il divino si sia dimenticato dei suoi figli rinunciando e lasciandosi risucchiare dalla morte. In ottica cristiana, solo chi cammina con Dio senza lamentele gode del cammino desertico e raggiunge la sua Gerusalemme.
In questa prospettiva un periodo di deserto è essenziale per spogliarsi del superfluo in attesa dell’incontro con Dio, dell’arrivo a destinazione. Ma per ottenere questa grazia è indispensabile dimostrare umiltà di cuore accettando anche i periodi di estrema austerità. Chi dimentica se stesso nel deserto dimostrando un cuore semplice e puro viene visitato da Gesù.
Il Deserto che si sia o meno credenti, simboleggia una dura prova, una morte rispetto ai condizionamenti sociali in cui l’eroe che vive in noi libera l’Anima, Prometeo, dalla condizione di schiavitù della materia.
In ambito religioso l’esperienza del deserto viene sempre associata a Dio ma non è necessario essere credenti per intuire quanto sia importante a livello simbolico. Finché viviamo nella comodità, protetti dalle nostre pseudo-sicurezze, appagati da piaceri effimeri, ci fidiamo di noi stessi senza umiltà e nella mente non rimane posto per la trascendenza. Nel deserto l’uomo capisce di non poter bastare a se stesso, di non essere al centro dell’universo e accede così alla verità su se stesso, accorgendosi dei propri limiti. Nel deserto è necessario chiedere aiuto a una forza che trascende se stessi e la materia perché si è soli, lontani dal mondo. Le religioni affermano che a rispondere sia Dio ma potrebbe anche essere che l’individuo, in queste condizioni estremamente dure, riesca a entrare in contatto con un’altra parte di sè, che è dentro ma è anche fuori, che è lui ma non solo.
I deserti più belli del mondo
Le distese desertiche, siano esse sabbiose o rocciose, sono spettacolari perché mai come nel deserto, l’essere umano percepisce la propria piccolezza. Una sensazione destabilizzante e meravigliosa al tempo stesso.
La Terra ne conosce diversi e alcuni sono davvero mete imperdibili, da vedere almeno una volta nella vita. Partiamo dall’India con il Thar Desert, prevalentemente sabbioso, caratterizzato dalla presenza di numerose dune ricoperte da scarsa vegetazione, che ricopre una superficie di 273.000 Km. E che dire del famoso deserto del Sahara, uno dei più grandi del mondo, con una superficie di 9 000 000 km² che si estende nell’Africa settentrionale. Diversa ma altrettanto affascinante la Monument Valley Americana, l’icona del West.
Laura De Rosa