Quando pensiamo al ruolo del padre spesso lo vediamo come un aiutante che per quanto prezioso rimane secondario rispetto alla madre. Oggigiorno per fortuna molte cose sono cambiate e un padre che cambia il pannolino, coccola i suoi figli, ci gioca insieme, non è più un’eccezione. Tuttavia sono ancora molte le situazioni in cui, per abitudine o altro, il padre viene percepito come una figura di supporto piuttosto che come un alleato alla pari.
Normalmente quando pensiamo a una famiglia immaginiamo la mamma che si occupa della maggioranza delle faccende domestiche e il papà che la aiuta, dandole una mano. Difficile anche solo immaginare una situazione opposta dove lui è il “domestico” e lei più proiettata all’esterno. Se il papà lavora tanto, glielo concediamo e di certo non pensiamo che sia necessariamente un cattivo genitore. Se la mamma lavora tanto “trascurando”, come si suol dire, i pargoli, cambia tutto. E’ fredda, arrivista, anaffettiva. E anche se non lo si dice, lo si pensa. Ma il problema nasce da noi, in primis: perché quasi tutte le mamme che dedicano molto tempo alla professione si scontrano con sensi di colpa interiori.
Con questo non voglio dire che sia lecito trascurare i figli e lasciarli a se stessi perché siamo ambiziose o ambiziosi, ma i sensi di colpa al femminile spesso sono eccessivi. Il contesto sociale ci ha abituate a modelli di perfezione irrealistici, a mamme della Mulino Bianco, a famiglie sorridenti e impeccabili. Ma se un tempo potevamo dedicarci solo alla famiglia, concentrando le attenzioni tra le pareti domestiche, oggi dobbiamo essere sia madri modello che lavoratrici ambiziose. E così anziché migliorare, la situazione paradossalmente è peggiorata. Certo, ci siamo conquistate libertà che fino a qualche anno fa erano impensabili, non che sia da sottovalutare, ma il problema è che il modello della madre impeccabile continua a imperversare, affiancato dal nuovo paradigma della Business Woman. Le due cose sono inconciliabili? No, purché si abbandoni l’idea della perfezione.
E i papà cosa fanno nel frattempo? Cercano, i più generosi, di adattarsi alla nuova situazione dando una mano. Ma è proprio l’espressione “dare una mano” a svelare l’intoppo. Perché il padre continua a essere inconsciamente percepito dalla madre come un aiuto, un supporto, che alleggerisce il carico di lavoro anziché come una persona alla pari. La divisione delle responsabilità domestiche e familiari non dovrebbe basarsi su stereotipi, lei a casa, lui al lavoro, ma sulla realtà dei fatti, sulle caratteristiche e le necessità di ciascun componente famigliare, a dispetto dei vecchi ruoli. Questo non significa che una donna debba necessariamente lavorare, perché sarebbe assurdo, ma dovrebbe essere libera di scegliere ciò che desidera, compatibilmente con la scelta di avere una famiglia e delle responsabilità che questo comporta.
La diversità dei ruoli è bella e utile
Che poi esistano dei modi di approcciare i figli diversi, da madre a padre, è bello e anche utile. Non siamo identici. Per esempio si ritiene che sia caratteristica del padre l’avviare il figlio alla sperimentazione della giocosità fisica. La differenza è che questo può andare di pari passo con l’eventuale accudimento del figlio, un tempo esclusiva della figura materna. C’è anche da considerare che i figli stessi cercano nei padri delle guide e i maschi, in particolare, li percepiscono come modelli di riferimento, in cui identificarsi, da cui farsi proteggere e consigliare. Il diverso rapporto che il figlio ha con la madre non dipende, in questo caso, da stereotipi ma da dinamiche differenti. A mio parere non dobbiamo costringerci a essere uguali perché è giusto e inevitabile che mamma e papà abbiano ruoli diversi, ma questa differenza non deve trasformarsi in una forma di sessismo alla vecchia maniera.
Sempre a proposito di ruoli diversi, c’è anche da considerare il rovescio della medaglia. Perché per quanto sia importante emanciparsi, cambiare linguaggio, raggiungere una parità autentica e non di facciata, anche le mamme commettono alcuni errori. Per esempio, secondo alcuni studi, le italiane con figli tendono a non avere fiducia nei confronti dei partner per quanto riguarda l’aspetto educativo. Per questo preferiscono gestirsela da sole, salvo poi prendersela con il padre di turno per la sua apparente negligenza.
Diceva Jacques Lacan: “Il padre rappresenta il polo opposto e complementare a quello femminile: è colui che separa il bambino dalla madre, inducendolo ad uscire dal suo stato iniziale di dipendenza per assumere un atteggiamento più attivo e autonomo verso se stesso e la propria vita. Il modello materno è “fusionale”, quello paterno rappresenta il distacco. La fondamentale funzione paterna è di permettere ai figli di guardare la madre dall’esterno, garantendo il rimodellamento della loro identità fisica e psichica.”
Questa riflessione è molto importante a dispetto del legittimo desiderio di parità perché la paternità non ha solo una connotazione biologica, è anche emotiva e psicologica. E non c’è niente di male se papà è diverso, non solo fisicamente, da mamma, anzi è un valore aggiunto.
Laura De Rosa
yinyangtherapy.it