Ricordate il daimon di Lyra de “La Bussola D’oro”? Si chiamava Pantalaimon e rappresentava la manifestazione fisica dell’anima della bambina sotto forma animale, un compagno inseparabile destinato a scomparire solo alla morte della persona. Nel romanzo di Philip Pullman il Magisterium rapiva i bambini per privarli prematuramente del rispettivo daimon, provocandone la morte o una menomazione psichica. Difatti il daimon rappresentava un canale di collegamento con la Polvere, sostanza cosmica che favoriva l’indipendenza e la libertà della persona, caratteristiche scomode al Magisterium.
Ma il daimon è frutto della fantasia o qualcosa di più?
Il daimon nel mondo antico
Se ne parlava già nel mondo antico in termini di intermediario fra la dimensione divina e umana, una via di mezzo fra le due, abitante di una regione mediana, la stessa dell’anima. Dice James Hillman ne “Il codice dell’anima”: “Più che un dio, il daimon era una realtà psichica che aveva intimità con noi: una figura che poteva apparire in sogno, inviare messaggi, come un cattivo auspicio, un presentimento o un impulso erotico. Anche Eros, infatti, abitava quella regione mediana non del tutto divina e tuttavia sempre un po’ inumana. I Greci, perciò, sapevano bene come mai i fenomeni erotici sono sempre di difficile collocazione, celestiali e al tempo stesso crudeli.”
Socrate ne parlava apertamente sostenendo che il daimon lo assistesse nella quotidianità. Lo identificava, stando alle testimonianze di Platone, come un essere divino, una sorta di angelo custode, che lo consigliava tramite segni nei momenti di indecisione: “C’è dentro di me non so che spirito divino e demonico; quello appunto di cui anche Meleto, scherzandoci sopra, scrisse nell’atto di accusa. Ed è come una voce che io ho dentro sin da fanciullo; la quale, ogni volta che mi si fa sentire, sempre mi dissuade da qualcosa che sto per compiere, e non mi fa mai proposte.” Quindi il daimon di Socrate non lo incoraggiava a fare scelte ma lo distoglieva da eventuali decisioni sbagliate.
Il daimon secondo James Hillman
Ne “Il codice dell’anima” James Hillman spiega che il daimon è qualcosa che ci induce “a essere in un certo modo, a fare certe scelte, a prendere certe vie” anche quando non ci facciamo caso. Il daimon ci è accanto fin prima della nascita, stando al mito di Er di Platone, ed è grazie ad esso che possiamo trovare la nostra vocazione.
Ci consiglia, ci motiva, ci protegge.
Che ne siamo o meno consapevoli. E ancora, dice Hillman, “inventa e insiste con ostinata fedeltà. Si oppone alla ragionevolezza facile, ai compromessi e spesso obbliga il suo padrone alla devianza e alla bizzarria, specialmente quando si sente trascurato o contrastato. Offre conforto e può attirarci nel suo guscio, ma non sopporta l’innocenza. Può far ammalare il corpo. E’ incapace di adattarsi al tempo, nel flusso della vita trova errori, salti e nodi – ed è lì che preferisce stare.”
Hillman si ispira nel Codice dell’anima al mito platonico di Er, nel quale ogni anima sceglie un compagno segreto, il daimon, per guidarla nel mondo terreno. Nel libro porta esempi celebri, da Tina Turner a Woody Allen, da John Lennon a Quentin Tarantino, per comprendere come il daimon abbia agito nel loro destino.
Il mito di Er di Platone
Er, figlio di Armenio, morto in battaglia, torna in vita per narrare le avventure vissute nell’aldilà su incarico degli dei. Racconta di giudici delle anime che le dividono tra cielo e sotterra, premiandole o punendole a seconda del comportamento tenuto in vita. Le anime secondo la testimonianza di Er possono scegliere la propria vita terrena ma sono soprattutto quelle provenienti dall’alto dei cieli, e quindi virtuose, a commettere errori grossolani. Non avendo appreso lezioni dalle esperienze terrene, scelgono con leggerezza salvo accorgersi in un secondo tempo dell’errore. Le anime provenienti dal basso al contrario hanno più giudizio.
Una volta compiuta la scelta, un daimon diventa loro compagno, custode e garante della vita scelta: “Anime caduche, eccovi giunte all’inizio di un altro ciclo di vita. Non sarà il daimon a scegliere voi, ma voi a scegliere il daimon. Ognuna sceglierà la vita alla quale sarà poi tenuta di necessità (ananke). La responsabilità, pertanto, è di chi sceglie. Il dio non ne ha colpa”.
A questo punto si incamminano attraverso la pianura del Lete e vengono obbligate a bere l’acqua dell’oblio. Alcune di esse ne bevono troppa dimenticando la vita precedente. I più saggi invece ne bevono poca mantenendo il ricordo del mondo delle idee. Giunta la notte, durante il sonno, vengono catapultate nella nuova vita.
Nel mito di Er viene suggerito che l’uomo non subisce passivamente il proprio destino ma lo sceglie. Il daimon è una conseguenza di tale scelta. In tale ottica ognuno di noi è chiamato a partecipare al proprio destino impegnandosi a conoscere/decifrare il proprio piano terreno, rendendosi permeabile alle intenzioni dell’inconscio e ai suggerimenti del daimon. E voi al daimon ci credete?
Laura De Rosa
yinyangtherapy.it