Prima di introdurre l’argomento delle anime antiche, piuttosto controverso, è opportuno fare una breve premessa sul concetto di reincarnazione, termine che indica la rinascita dell’anima, o spirito, in un altro corpo dopo la morte terrena dell’individuo. Se ne parla nell’Induismo, nel Giainismo, in alcune religioni africane, nel misticismo neoplatonico, nel famoso Buddismo, sebbene quest’ultimo creda nella reincarnazione del karma, non dell’anima in se stessa.
Nell’ambito della filosofia occidentale la reincarnazione è chiamata metempsicosi, “passaggio delle anime”, e a quanto pare Pitagora e la sua scuola ne erano sostenitori mentre Aristotele la definiva un mito. Per i pitagorici l’uomo, macchiato dalla colpa originaria, è costretto a trasmigrare da un corpo all’altro finché non sarà pronto a tornare allo stato di purezza attraverso la contemplazione della verità. Platone a sua volta riprende il concetto di reincarnazione affermando che l’anima è soggetta a ricadute verso il basso, le reincarnazioni, nonostante l’anelito ad andare verso l’Iperuranio.
La rinascita nel Buddismo
Molti altri filosofi, studiosi, ricercatori si sono soffermati sul concetto di reincarnazione dandone, di volta in volta, diverse interpretazioni sebbene oggigiorno lo si associ principalmente al Buddismo, che fra l’altro crede nella rinascita del Karma e non dell’anima. Qual è la differenza? Il Buddismo non crede nella possibilità che un’anima individuale trasmigri di corpo in corpo, come vorrebbe la reincarnazione, perché quell’anima è in realtà illusoria. Ciò che rimane con la rinascita non è quindi l’anima individuale, ma un insieme di energie che vengono trasferite nell’ambiente circostante contribuendo alla continuazione della vita. Energie di tipo materiale, affettivo, emotivo, intellettuale e via dicendo.
Purodharma a proposito della rinascita nel Buddismo riporta: “tutto quello che io compio nella mia esistenza viene immesso nell’ambiente che mi circonda segnandolo più o meno evidentemente. Io “subisco” la presenza degli altri e dell’ambiente più in generale. Stessa cosa accade all’inverso. Alla mia morte resteranno sempre e comunque i segni del mio passaggio. Nel bene e nel male. Alla mia nascita ho peraltro trovato un ambiente (e delle persone) già segnato dal passaggio di altri. Il karma nel buddhismo c’è a tutti i livelli di combinazione dell’esistente, il suo modo di incidere la realtà è la realtà stessa… Nel buddhismo conseguenza della legge del karma è la rinascita. Ma anche qui se non c’è l’io-sé-anima-atman-spirito chi può rinascere? Chi rinasce se non c’è mai stato nessuno che sia nato o morto?… Interrompere il ciclo delle nascite e delle rinascite significa dunque nel buddhismo smettere di credere di essere nato e che quindi morirò, smettere di pensare di possedere un atman (anima, spirito, sé, etc.), smettere di immettere nell’ambiente azioni governate da queste credenze che risultando false, producono dolore in quanto in perenne contraddizione con la realtà dell’Universo.” Sebbene le teorie in materia di reincarnazione siano diverse e il Buddismo non sia da considerarsi necessariamente detentore della Verità, dopo queste premesse viene spontaneo chiedersi se parlare di anime antiche abbia senso o meno.
Chi sono (se esistono) le anime antiche
Ma chi sono le anime antiche? Sono quelle anime che hanno già vissuto (e quindi si sono reincarnate) più e più volte, che hanno più esperienza della vita, che hanno appreso e compreso di più. Ammesso che esistano, sarebbero persone piuttosto solitarie, dal temperamento asociale dovuto a una maggiore consapevolezza rispetto alla media. Li si classifica definendoli:
– solitari perché incompatibili con le anime più giovani
– indifferenti agli interessi e alle attività comuni
– interessate alla conoscenza, alla ricerca della verità e della saggezza piuttosto che agli individui
– inclini alla spiritualità e più emotive della media
– promotrici della pace e dell’amore
– consapevoli della caducità della vita
– molto introspettive perché hanno accumulato saggezza e molta esperienza
– tendenzialmente stabili e di natura placida perché più sagge della media e capaci di vedere oltre anche nelle situazioni più difficili
– disinteressate di ricchezza, status, fama
– probabili ex ragazzini disadattati o stravaganti, precoci, introversi, ribelli ma anche molto curiosi e intelligenti
– consapevoli di essere anime antiche
Molti di noi, probabilmente, si riconosceranno in alcune di queste caratteristiche e il pericolo è che, anime antiche permettendo, possano diventare un alibi per alimentare un senso di superiorità nei confronti del mondo. Ammettiamolo, piace a tutti sentirsi esclusivi, c’è chi lo fa indossando un outfit all’ultima moda, chi osannando le proprie conoscenze culturali e chi sentendosi unico e incompreso. Che queste anime antiche esistano o meno, e non avendone idea mi astengo dall’escluderlo o dal confermarlo, non ha molta importanza. Se ci sono, mosse dalla loro saggezza, non avranno bisogno di conferme esterne né di elenchi in cui riconoscersi. Di questi elenchi è più probabile che necessitino persone come me, “anime normali” a caccia di esclusività. Ma il mondo lo si aiuta con la cooperazione. L’isolamento sebbene possa rivelarsi costruttivo è molto rischioso perché anziché incoraggiare la persona “diversa” a mettersi in gioco nella realtà, auto-alimenta il senso di esclusività. E’ bene ricordarlo quando saremo tentati dal desiderio di isolarci perché nessuno ci comprende giustificandoci con la scusa delle anime antiche.