Mi sono imbattuta in un articolo pubblicato su benessere.com dalla dottoressa Monica Monaco, in cui pensiero magico e pensiero logico vengono messi a confronto per evidenziare la natura illusoria dell’uomo razionale. L’ho trovato davvero interessante e per questo ho deciso di riproporne alcune parti, aggiungendo qualche riflessione personale e ulteriori spunti di riflessione.
Monica Monaco parte dal presupposto che la magia “non abbandona mai totalmente la mente umana”. Tuttavia il pensiero cosiddetto logico, caratteristico degli esseri razionali, viene oggigiorno ritenuto “superiore” rispetto alle azioni impulsive dettate da istinti illogici, e questo perché si è diffusa l’equazione “pensiero = logica”. E’ questo strapotere ad averlo reso limitante sebbene abbia un suo valore.
La forza, e al tempo stesso il limite del pensiero logico, come sottolinea la dottoressa nel suo articolo, consiste nel fatto che esso funziona come la scienza. Ovvero parte da un’ipotesi e la verifica sulla realtà “seguendo operazioni logico-matematiche e spazio-temporali”, basandosi quindi su leggi e principi della statistica e del calcolo probabilistico. Peccato che nel corso della nostra vita molte delle scelte che facciamo non siano basate sul pensiero logico ma motivate da forme di ragionamento illogiche, che rientrano spesso nel cosiddetto pensiero magico. (Giusberti F., Nori R., 2000 ).
Il pensiero magico, purtroppo, è stato spesso etichettato come una forma primitiva di pensiero, ragion per la quale noi occidentali ci siamo convinti di essere, in quanto prevalentemente logici, superiori a livello evolutivo rispetto ad altre civiltà prettamente “magiche”. Ma il pensiero razionale e il pensiero magico non sono opposti bensì complementari: “pensiero magico e pensiero razionale si configurano come due strutture mentali conviventi nella mente adulta , due forme di pensiero in costante interazione nella quotidiana sperimentazione della realtà, entrambe presenti nell’uomo occidentale come in quello delle popolazioni primitive, sebbene la struttura del pensiero magico resti più evidente e facile da studiare nelle civiltà primitive e quella del pensiero razionale in quelle popolazioni che vivono nei Paesi Occidentali e più moderni (Lévy-Bruhl L., 1966 ).”
Cos’è il pensiero magico
Quando si parla di magia spesso si pensa alla manipolazione, a trucchi e inganni praticati ai danni, o a favore, di qualcuno. Ma sebbene illusionismo, telepatia, ipnotismo e altre pratiche siano parenti lontane della magia, non sono la stessa cosa. Come suggerisce Giovanni Vignola in “Riti magici di ieri e di oggi”, un’azione autenticamente magica parte da due condizioni basilari: “la prima è che chi la compie sia perfettamente cosciente, fiducioso, convinto della potenza dei suoi atti e perciò stesso sicuro degli effetti che vuole ottenere e che certamente otterrà… la seconda condizione è che chi richiede l’intervento magico abbia altrettanta fede nei risultati di colui che lo compie”.
Lo sottolinea anche la dottoressa Monica Monaco che afferma “la caratteristica principale del pensiero magico è senza alcun dubbio quella che viene definita partecipazione. Quest’ultima rappresenta infatti il fulcro attorno a cui ruota tutto il funzionamento di questa forma di pensiero, poiché attraverso essa viene percepito un rapporto fra due fenomeni che in realtà è assolutamente inesistente e non reale . La magia operata dal pensiero nasce poi dall’illusione che si stabilisce in un individuo che, più o meno inconsapevolmente, si convince, in virtù del suddetto rapporto fittizio, di poter modificare la realtà.”
L’azione sul simbolo, nella pratica magica, è considerata alla pari “dell’azione sulla persona cui l’oggetto appartiene” (De Martino E., 1948) . Ma ovviamente l’azione magica può anche fallire nel suo intento e questo dipende da numerosi fattori, che ruotano intorno al concetto, dice la dottoressa, di impermeabilità all’esperienza. Ovvero se la mente logica ha sempre bisogno di spiegazioni, il pensiero magico non ne ha necessità perché per esso è naturale che una serie di fattori, per esempio una mancanza di collaborazione delle potenze invisibili o un rituale eseguito in modo scorretto, agiscano in modalità ignote all’essere umano. Quindi se la mente logica ritiene che il mal funzionamento di qualcosa dipenda da cause rintracciabili nello spazio-tempo, e che sussistano sempre delle cause logiche in queste circostanze, il pensiero magico ravvisa una “coincidenza tra il tutto e le sue parti, anche quando essi vengono separati”. Per questo si può, per esempio, guarire la ferita di qualcuno agendo sull’arma che lo ha colpito sebbene a livello logico sia una cosa assurda. Ma il pensiero magico non “ragiona” in termini logici nell’ambito del nostro spazio tempo.
La cosa più assurda e curiosa è che, anche nel nostro mondo razionale, compiamo quotidianamente atti magici, senza averne la minima consapevolezza. Superstizioni a parte, il pensiero magico si attiva spesso quando non riusciamo a ragionare in termini probabilistici, come succede per esempio in situazioni incerte o di rischio che ci costringono a fare scelte non basate sulla ragione perché quest’ultima non è in grado di valutare le probabilità che le cose vadano in un modo piuttosto che in un altro. In questi casi cosa accade? Visto che non si riesce a ragionare in termini di probabilità, la mente crea relazioni causali irreali, agendo come se potesse influenzare il risultato che è già predeterminato. Se per esempio desidero qualcosa, valuto come più probabili gli eventi che più desidero. Il pensiero magico altrimenti si manifesta attraverso i rituali, che a differenza di quanto si crede sono molto diffusi nella quotidianità di ciascuno di noi. Per esempio, il fatto di indossare un certo abito quando si va a fare un colloquio, il fatto di scegliere lo stesso orario per mangiare o praticare un’attività, l’utilizzo di oggetti portafortuna e via dicendo sono tutti rituali.
Laura De Rosa