«Non ci basta più guardare la malattia soltanto come il risultato di un agente patogeno esterno, né ci soddisfa il pensiero che possa essere curata con la semplice somministrazione dall’esterno di un certo rimedio. Malattia e guarigione coinvolgono così radicalmente l’uomo intero, nei vari aspetti della sua esistenza, da evocare inevitabilmente il desiderio e il bisogno che esse possono venir indagate proprio tenendo conto di tutti questi vari aspetti, materiali e immateriali, sensibili e soprasensibili». Dal 1920 il fondatore dell’antroposofia (o “scienza dello spirito”) Rudolf Steiner – in collaborazione con Ita Wegman e altri medici – iniziò a sviluppare la medicina antroposofica. Pur riconoscendo e utilizzando le acquisizioni scientifiche della medicina occidentale, si proponeva un ampliamento dell’arte medica fondato sulla conoscenza e sulla comprensione della realtà fisica, psichica e spirituale dell’uomo e del mondo.
Con il tempo questa disciplina si è fatta apprezzare ed oggi è diffusa un po’ in tutto il mondo, dove viene praticata in ospedali (anche a carattere universitario), cliniche, centri terapeutici e ambulatori. In alcuni Stati è integrata nei sistemi sanitari pubblici, mentre in altri le prestazioni sono rimborsate dalle assicurazioni private. In Italia è ufficialmente riconosciuta la Società Italiana di Medicina Antroposofica (SIMA), che aderisce alla Federazione Internazionale delle Associazioni Mediche Antroposofiche con sede a Dornach (Svizzera). Attualmente questa innovativa branca medica, improntata a una visione olistica, garantisce un approccio terapeutico integrato nell’ambito della medicina di base e specialistica, offrendo originali e consolidati impulsi medico-pedagogici, sia preventivi che terapeutici. Oltre a ciò è praticata in ambito socio-ambientale e nel sostegno ai malati terminali.
Andando ben oltre il materialismo meccanicistico della medicina moderna, quella antroposofica amplia l’ordinaria ricerca scientifica al di là di quanto è fisico-materiale e percepibile sensorialmente, coinvolgendo nella sua indagine anche le dimensioni della vita, dell’anima e dello spirito dell’uomo e dell’universo. In questa visione si parte da un’immagine integrata dell’uomo, che consente di studiare e conoscere tutti gli aspetti in cui la vita umana si esprime e si realizza, per giungere ad una concezione unitaria, razionale e inevitabile di fisiologia, patologia e terapia. La medicina antroposofica contribuisce dunque al processo di integrazione delle conoscenze per favorire il benessere individuale e sociale, sviluppando modelli di intervento volti a promuovere la salute e curare la malattia nella consapevolezza delle relazioni spirituali fra uomo e natura.
L’indagine di questa originale branca medica poggi su due concezioni basilari: la realtà quadripartita dell’uomo e la tripartizione funzionale. La prima si può esemplificare con lo schema qui proposto.
Corpo fisico (organizzazione fisica) = minerale
Corpo eterico (organizzazione della vita) = vegetale
Corpo astrale (organizzazione psichica) = animale
Organizzazione dell’io (spirito) = essere umano
Nell’indagine antroposofica l’uomo è ben più di una macchina – come è spesso considerato dalla medicina accademica –, in quanto essere dotato di corpo, anima e spirito. Se i progressi raggiunti dai moderni mezzi diagnostici consentono ormai una registrazione precisa dei vari parametri fisiologici del corpo umano e delle loro mutazioni nelle diverse patologie, è del tutto evidente anche il ruolo dei fattori psichici nell’origine e nel superamento delle malattie. Le conseguenze fisico-corporee di eventi psichici possono portare a vere e proprie patologie organiche, come ad esempio l’angina pectoris o l’ulcera peptica. D’altronde, per capire che la mente ha effetti sul corpo basta pensare alle palpitazioni cardiache provocate da un senso di paura. Solo la dimensione corporea e fisico materiale è accessibile all’immediata percezione sensoria o a quella mediata dai vari strumenti diagnostici di uso comune, mentre quella psichica, che può esser differenziata in vita rappresentativa, vita dei sentimenti e vita degli impulsi volitivi, è in prima battuta solo una soggettiva esperienza interiore.
Al di là del corpo fisico l’antroposofia riconosce l’importanza della dimensione della vita, che si manifesta con le funzioni legate alla crescita, alla formazione dell’organismo, alla rigenerazione della sostanza organica danneggiata o mancante e alla riproduzione dell’organismo in toto. Questo complesso di forze vitali costituisce il corpo eterico (o vitale) dell’uomo, che è soprasensibile e percettibile solo nelle sue manifestazioni, distinguendosi dal corpo fisico per il fatto che i suoi processi tendono in direzione opposta, ossia non seguono la forza di gravità, ma virano verso l’alto e la periferia. Corpo eterico che accomuna l’uomo al regno vegetale, perché le piante sono organismi viventi che durante la crescita si sottraggono alla gravità, mantenendosi radicate al suolo e tendendo al contempo verso il cielo.
Per capire cosa si intende per corpo astrale basta pensare semplicemente alla differenza tra una pianta e un animale: anche il secondo possiede un corpo fisico compenetrato dal corpo vitale, ma si differenzia in quanto essere senziente che manifesta sensazioni quali l’istinto, il piacere, il dolore e il desiderio. In questo caso si entra nel campo dell’organizzazione psichica, naturalmente propria anche all’uomo, che rispetto però all’animale è dotato di autocoscienza e autodeterminazione, facoltà che al massimo sviluppo culminano nell’io. L’essere umano può parlare, pensare, camminare eretto, manifestare creatività, dedicarsi ad attività culturali e dare vita a civiltà. È questa l’organizzazione dell’io (o spirito), indagata dall’antroposofia.
Per la medicina antroposofica è fondamentale un’analisi approfondita della realtà quadripartita dell’uomo per comprendere i fenomeni di salute e malattia. Le quattro dimensioni non sono a sé stanti ma si compenetrano e influenzano reciprocamente, originando profonde trasformazioni nel corso della vita. In antroposofia la malattia è una componente essenziale della condizione umana individuale e sociale e della relazione dell’uomo con il pianeta Terra. Non è intesa dunque come un evento anomalo o esterno all’uomo, tanto che la guarigione si configura come una potenzialità intrinseca. In sintesi, la salute non sarebbe altro che il raggiunto equilibrio di forze contrapposte (distruttive di malattie da un lato e costruttive di guarigione dall’altro), senza rappresentare mai una condizione statica.
Oltre alla realtà quadripartita dell’uomo, i medici antroposofici prendono in considerazione la tripartizione funzionale per giungere ad una comprensione unitaria e razionale delle varie forme di patologie organiche e psichiche. Questa dinamica morfologica e funzionale si esplica in tre sistemi: il sistema neuro-sensoriale è la base fisica per l’esplicazione del pensare; il sistema ritmico (principalmente sistema respiratorio e sistema cardio-circolatorio) è la base funzionale per il sentire, mentre il sistema del ricambio e delle membra (principalmente ricambio energetico e apparato locomotore) è la base processuale per il volere.
Fra le due polarità contrapposte (sistema neuro-sensoriale da un lato e sistema del ricambio e delle membra dall’altro), il sistema ritmico esercita una funzione centrale equilibratrice e apporta salute. Se l’eccesso delle forze del sistema neuro-sensoriale è all’origine delle malattie degenerative (o fredde) che comportano l’irrigidimento e indurimento del corpo (ad esempio le malattie degenerative articolari, quelle tumorali e le varie patologie sclerotiche), uno squilibrio in favore delle forze del sistema del ricambio e delle membra può provocare le cosiddette malattie calde, come la febbre e gli stati infiammatori in generale. Per ogni patologia i medici antroposofici riconoscono il carattere di unilaterale deviazione o il predominio di uno dei due principi morfo-funzionali polarmente contrapposti, intervenendo spesso con l’apporto del sistema ritmico per ristabilire l’equilibrio, alla base della salute. Perfino le malattie psichiatriche vengono trattate sulla base di tali corrispondenze, nel caso in cui si riconoscano particolari disturbi del fine metabolismo di singoli distretti organici, che si riflettono in alterazioni della vita psichica.
La strategia terapeutica di questa branca medica risulta notevolmente ampliata, poiché la diagnostica propria della metodologia convenzionale viene integrata con l’antropologia medica antroposofica. La sua peculiarità sta poi nel collocare malattia e guarigione in un contesto biografico individuale e sociale. Si cerca cioè di riconoscere e far comprendere il senso delle malattie e dei loro sintomi ai fini dell’evoluzione somatica, psichica e spirituale, tenendo conto delle leggi che regolano il corso della vita terrena dell’uomo. Quest’aspetto si rivela utile anche per la ricerca delle opportune misure terapeutiche. È risaputo infatti che certe malattie, qualora trattate in modo corretto, abbiano effetti positivi per l’evoluzione biografica. Un esempio è quello delle malattie esantematiche dell’infanzia, che una volta superate modificano alcune unilateralità del carattere del bambino e comportano l’acquisizione di nuove capacità fisiche e psichiche.
La conoscenza delle corrispondenze dell’uomo con i regni della natura e con le attività da lui stesso esercitate costituisce il fondamento essenziale della ricerca terapeutica. Al principio patogenetico si affianca quello salutogenetico, che pone l’attenzione sui fattori che contribuiscono allo stato di benessere, invitando ogni individuo a scoprire le proprie fonti di salute, così come i mezzi per conservare un perfetto equilibrio psicofisico. Dopo aver appurato come i sistemi organici funzionali interagiscono nella persona ammalata, il medico antroposofico stabilisce se intervenire con un medicinale tratto dai regni della natura o con un’attività eseguita dal paziente stesso. I medicinali antroposofici ricorrono all’uso di materie prime di origine vegetale, tratte dai regni della natura secondo un principio di affinità evolutiva. La loro qualità è garantita dall’utilizzo di piante cresciute in aree incontaminate o coltivate con metodi biodinamici o biologici. Tutto è dunque improntato alla massima compatibilità e sostenibilità ambientale, visto che i criteri biodinamici sono rispettati anche per l’allevamento degli animali.
Nella concezione antroposofica tutte le componenti della natura hanno dei rapporti primordiali con l’uomo. Ogni sostanza naturale, fin dalla sua creazione, porta in sé una “parentela curativa”. La virtù terapeutica di una pianta medicinale deriverebbe dunque dalla sua affinità spirituale di genesi con un organo interno dell’uomo, ciò che vale anche per i rimedi di origine animale e minerale. Più in generale, i medicinali antroposofici rappresentano un ampliamento e un rinnovamento delle usuali tecniche di preparazione farmaceutica. Molto spesso contengono diversi componenti non semplicemente combinati in base alla loro singola azione, ma riuniti in un composto che trova corrispondenza con l’organismo umano sano o malato, un sistema organico, un organo o una sua funzione.
In merito alle tecniche, oltre a quella tipica dell’omeopatia che consiste nelle diluizioni successive, si ricorre anche alle nuove tecniche di dinamizzazione che sfruttano i processi naturali o la loro imitazione, in gran parte già recepite dalla farmacopea tedesca e da quella britannica. Le stesse lavorazioni a monte del processo di dinamizzazione seguono le precise necessità della terapia di portare in modo differenziato le sostanze in relazione ai processi umani. Solo per riferire alcuni esempi ci limitiamo a citare l’uso differenziato del calore nelle sue varie forme (dalla digestio fino all’incenerimento), la formazione di specchi metallici, le estrazioni termo-ritmiche per l’ottenimento di tinture vegetali analcoliche, nonché l’allestimento di preparati di sintesi sul modello di diverse piante medicinali, a partire da sostanze minerali inorganiche. Le peculiarità dei medicinali antroposofici riguardano anche le modalità di somministrazione, rispettivamente per via orale, parenterale o esterna, secondo gli specifici criteri legati alla tripartizione funzionale dell’organismo umano.
Come si evince dal suo manifesto, la medicina antroposofica – basata sulle libertà di scelta del paziente e di prescrizione del medico – origina un sistema medico terapeutico dove i medici collaborano con altri operatori sanitari, quali psicologi, psicoterapeuti, infermieri, fisioterapisti, massaggiatori ritmici, euritmisti terapeutici ed arteterapeuti antroposofi. Centrale è il ruolo dell’infermiere, chiamato ad accompagnare gli eventi legati alla nascita, alla malattia, alla sofferenza e alla morte, con la massima comprensione e con una vera forza interiore.
Nella medicina antroposofica non è dunque esclusiva la terapia farmacologica, poiché quest’ultima è affiancata da una serie di metodi di cura del tutto privi del ricorso ai farmaci, quali l’euritmia terapeutica (una terapia di movimento utilizzata soprattutto per le malattie degli organi interni e dell’apparato locomotore, nonché per i disturbi della vista, dell’udito e del linguaggio), l’arteterapia (finora sono state accertate le virtù curative di espressioni artistiche come il disegno, la pittura, la scultura, la musica, l’arte della parola e alcune attività artigianali), il massaggio ritmico (profondamente rinnovato dall’antroposofia), la balneoterapia (che tiene conto sia delle qualità delle sostanze medicamentose disperse nell’acqua, sia dei movimenti che possono essere impressi alla stessa risorsa idrica), la pedagogia curativa (dove le stesse misure educative ispirate all’insegnamento steineriano sono comprese e applicate come processo terapeutico), e infine la socioterapia, che poggia sui cardini della vita sociale, del lavoro e del nutrimento dell’anima.
«Vi è una vita sociale solo quando nello specchio di ogni anima umana l’intera comunità trova il suo riflesso, e quando nella comunità vive la vita di ognuno», affermava Steiner. La medicina antroposofica è l’ennesima espressione dell’antroposofia come via di conoscenza: una pratica di studio e di esercizi per risvegliare nell’uomo quella facoltà di percezione più sottili e latenti (immaginazione, ispirazione e intuizione), che rivelano l’azione della realtà soprasensibile in quella sensibile.
Marco Grilli