Il “Tao Te Ching” è la colonna portante del taoismo filosofico-spirituale di Lao Tzu, vissuto a cavallo fra il VI ed il V secolo avanti cristo. Il titolo ad oggi risulta ancora di difficile traduzione ma rimanda all’idea di essere un libro che narra della buona “via”, cioè quella che segue il corso e la natura delle cose e del cosmo. Il suo autore é un personaggio leggendario del folklore cinese Lao Tzu, custode della biblioteca imperiale di Chou, il quale nel massimo della sua carriera decise di ritirarsi dalla società a favore di una vita moderata e solo apparentemente solitaria. Si dice che egli venne fermato da una guardia la quale lo prego di lasciare una testimonianza dei suoi insegnamenti; altre fonti invece sostengono ch’egli abbia scritto un’enciclopedia del suo sapere (o per meglio dire, rispettando il pensiero taoista, della sua esperienza di microcosmo realizzata nel macrocosmo) in 33 volumi, forse finiti al rogo per volere di una contrapposizione “etica” giustificata da fini “purificatori”.
Questo volume dunque dovrebbe essere la versione breve, concisa, empirica, di una vita reale e di una saggezza che valorizza unità, complementarietà, flessibilità, moderazione, amoralità da intendersi come rifiuto di preconcetti e ideali precostituiti e ricerca del proprio puro e personale significato di verità. In poche pagine, in una raccolta di quelli che in apparenza sembrano 81 poemi corti da affrontare come lettura leggera, si nasconde forse uno dei più profondi codici etici che siano mai stati tramandati.
Il tao te Ching é un pozzo di spunti che non vanno filtrati con la testa ma devono poter esistere per ciò che sono, assorbiti da un corpo e da un cuore che già conosce la verità ancor prima di considerarla tale: un’opera che esiste per tutti, in tutti. Il tao è ormai ampiamente conosciuto nella cultura occidentale come simbolo fondamentale di unione, complementarietà degli opposti maschile e femminile, positivo e negativo. La grandezza illimitata del Tao che siamo, generati da esso e generatori per esso allo stesso tempo, invita a comprendere quanto già questa definizione possa essere limitante. La definizione implica un’etichetta che è divisione, giudizio, un’azione prettamente mentale e per questo, dunque, limitata. La mente ha infatti necessità di etichettare perché solo nella divisione – definendo ciò che è – riesce a comprendere.
Il tao te Ching ci accompagna in un processo di riunificazione per cui ciò che é, é anche ciò che non é; le polarità opposte esistono ma custodiscono al loro interno il loro contrario quindi definire significa dare una visione parziale, incompleta, della realtà stessa.
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Un aspetto incredibilmente interessante è integrare il concetto di male e bene che viene inculcato in quasi tutte le culture come una guerra che deve avere vincitori e vinti; nel taoismo (qui da intendersi anche da un punto di vista religioso) afferma invece che la vittoria di uno o dell’altro avrebbe come conseguenza la scomparsa del suo complementare. Solo l’equilibrio fra poli permette la perpetrazione dell’esistenza e la vita nell’universo. La buona via si basa infatti su leggi cosmiche e scientifiche, non di certo su convinzioni astrattamente spirituali.
L’equilibrio e la moderazione sono le caratteristiche che consentono all’uomo di essere se stesso. Partendo dal profondo, smettendo di ostinare e ostentare l’azione anche a favore di una bontà che risulterebbe comunque ipocrita e non fine a se stessa, è possibile raggiungere uno stato di non-azione che non è ozio ma capacità di fare/non fare per se stessi e non di stra-fare per sottostare o sopportare una moralità imposta. Essere moderati non significa vivere nell’ascetismo o nella povertà, come afferma Lao Tzu, l’uomo saggio sa godere della vita ma la sua saggezza è tenersi lontano dagli eccessi, dall’estremismo o dal fanatismo applicato ad ogni campo.
Per questi motivi, il taoismo etico ha avuto vita breve negli imperi della Cina in quanto sosteneva la volontà di abbandonare l’idea di un assetto sociale imposto con una serie di norme stilate da capi e non maturate come condizione in se stessi. Questo non deve intendersi come istigazione alla ribellione o ad atti di sovversione, anzi; ciò che viene proclamato e celebrato è la vita moderata e consapevole che non si basi su un pensiero razionale (che divide) ma su un cuore e un corpo che riconosca in se ciò che è per se, nel silenzio di un attimo che è un vuoto ricolmo di infinite possibilità.
La forza dell’uomo che vive di Tao é la sua capacità di riconoscere ciò che é e non é allo stesso tempo, in grado di farsi flessibile e modellarsi secondo la necessità, la stagione, l’opposto che vive. Mantenere un atteggiamento rigido nei confronti della vita significa opporre resistenza e bloccare il flusso. L’uomo Zen invece é consapevole che in ogni situazione si esprime il tutto e la polarità che può prevalere non é altro che un colore più denso che non smette di portare in se milioni di sfumature.
Dopo 26 secoli, il Tao te Ching é ancora un manuale di vita per chi voglia scoprire il modo più autentico per penetrare l’esistenza. Dopo 26 secoli, il mondo è ancora fatto di “diecimila cose” che sembrano ma non sono così fondamentali come vorrebbero. Dopo 26 secoli, c’è un mondo che crede di essere in piena evoluzione ed un uomo che, progredito sul piano materiale, adagiato su di una comfort zone invitante, non ha ancora imparato a realizzare se stesso vivendo per se stesso, secondo natura, assecondando la propria essenza più che lasciandosi dividere dal pensiero.
Fortunatamente, la buona strada è già scritta, basta solo vederla in noi stessi e decidere di percorrerla…
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Di Chiara Pasin