Sin dall’alba dei tempi il potere del femminile è stato celebrato in quanto energia sensibile, istintuale, spirituale; ancora, forza di vita generatrice, la quale ha il privilegio di far battere in sé due cuori e di custodire il mistero inspiegabile e il destino di un nuovo individuo. Il progresso economico, tuttavia, innescando la distinzione di ruoli e dunque etichettando come differente e “inconciliabile” l’energia maschile e quella femminile, è riuscito a tenere nascosti i tesori della donna in un angolo di una soffitta chiusa a chiave.
Per anni una cultura patriarcale e sessista ha schiavizzato la natura sensibile e simultaneamente indistruttibile della donna, facendo sì che essa fosse spinta a soffocare il proprio potenziale, a limitarsi ad essere brava in attività standard che le avrebbero garantito sicurezza e riconoscimento agli occhi delle altre persone, per non destare scalpore o giudizio, in quanto essendo creatura debole e fragile non avrebbe potuto e dovuto difendersi. La natura selvaggia della donna è stata tristemente repressa, ma la buona notizia è che siamo entrati nell’era di un’evoluzione di coscienza che permette ad ognuno/a di noi di abbandonare i preconcetti a favore della libertà.
Per risalire al valore, al diritto di essere noi stesse, possiamo attingere al patrimonio culturale del mondo orientale che, seppur con le sue contraddizioni, non ha smesso di venerare la donna. Non si tratta semplicemente di riconoscerle il ruolo di madre, per quanto sacro e illuminante, ma proprio di saper vedere in ogni cosa la profusione dell’energia femminile, che crea il mondo reale, lo accoglie, lo plasma.
Esempio emblematico è rappresentato dalla figura, che sarebbe meglio definire energia o concetto, della Shakti induista. Shakti é una parte del dio che diventa Shakti quando rivela la sua natura femminile, evocando l’energia femminile di ogni dio del pantheon induisti. Shakti non è solamente una divinità che incorpora in se stessa le mille e una sfaccettature dell’universo femminile, ma è da intendersi in senso lato come l’energia che da vita e forma al mondo, l’impulso creativo, l’atto dinamico, l’atto in potenza, il potenziale dell’atto, la forza. La radice stessa della parola ‘shak’ esprime questo agglomerato di significati, abbracciandoli in se stessa.
La forza Shakti ha molteplici rappresentazioni iconografiche. Può essere rappresentata come “yoni” che nella trasposizione occidentale si identifica nella vulva come spazio sacro di un processo che non è ri-produzione ma generazione di una nuova forma di vita che attinge dalla stessa immortale essenza. Inoltre, può essere anche rappresentata come dea indipendente, a dimostrazione che la donna non ha necessità di avere al proprio fianco un uomo per poter percepire il proprio meraviglioso potenziale.
Nonostante ciò, però, Shakti viene molte volte rappresentata a cavallo di una tigre nella forma di Durga assieme a Shiva, che metaforicamente identifica la controparte maschile, convogliando due significati. Innanzitutto, il fatto che dea e dio avanzino insieme fa riflettere sulla complementarità delle energie polarizzate del maschile e del femminile, per comprendere come esse, per manifestare in modo totale e in pienezza il loro massimo potere, necessitino della presenza e del supporto dell’altro. Altre peculiarità iconografiche che possono ritrovarsi nelle svariate iconostasi dell’energia Shakti sono le molte braccia come simbolo di azione, intraprendenza, creazione e il fatto di sedere o di sorreggere su una mano un fior di loto, simbolo d’eccellenza di femminilità, delicatezza, sensualità. I petali del fior di loto, infatti, richiamano l’organo genitale femminile – un fiore che si apre alla vita.
L’iconografia doppia di Shakti e Shiva diventa la materializzazione del concetto fondamentale del dualismo che costituisce la base del tutto, per cui non è possibile conoscere una cosa se non si ha fatto esperienza del suo contrario.
Ciò che Shiva e Shakti ci insegnano però, è che le qualità custodite e personificate dall’uomo e dalla donna non sono necessariamente da vedere come caratteristiche negativamente in contrasto. L’energia femminile si espande se sostenuta e protetta da un uomo che comprende e la lascia libera di esplorare la propria natura; allo stesso modo la grandezza dell’uomo – che in Shiva è centratura, coscienza, altruismo e forza “distruttiva” della manifestazione della realtà limitata e quindi simbolo di trascendenza e spiritualità – necessità di essere accompagnata dall’amorevolezza e dall’intuito della donna. Solo questa altissima unione non fisica ma “tantrica” permetterà la creazione di nuovi nuclei famigliari che siano terreno fertile per lo sviluppo e la crescita di individui svegli, radiosi, per non dire pregni di illuminazione.
Shakti é quindi la manifestazione del mondo che si materializza ancor prima del pensiero, l’unione di forze apparentemente contrarie e indissolubilmente complementari, che non trovano motivo d’esistere l’una senza l’altra. L’eterno è il continuo atto d’amore e di confronto fra il femminile che è espressione e del maschile che è sostegno: un concetto fondamentale da integrare nella nostra concezione dei “generi” e dei non-ruoli che esistono (e non dovrebbero) in questo mondo precariamente moderno, se comprendiamo che le energie maschili e femminili in uomo e donna sono quelle predominanti ma non esclusive, poiché contengono in sé l’essenza opposta.
Valorizzare il ruolo e l’energia Shakti della donna significa riconoscere per valorizzare il ruolo e l’energia Shiva dell’uomo.
Chiara Pasin