Spesso, quando vengono bambini a casa nostra, entrando in sala la prima domanda che fanno è: “Ma voi non avete la televisione?”. Vuoi che le dimensioni di questo oggetto sono ormai talmente importanti da risaltare immediatamente, vuoi che si notino da subito una luce e un silenzio diversi da quanto mediamente siano abituati…la trovo comunque una cosa agghiacciante.
Anche io e mio marito, da adulti abituati alla routine, con l’arrivo della nostra bambina, anni fa ci siamo posti la domanda e abbiamo fatto questa scelta, radicale, oggi estrema ma quantomai benefica per tutti.
Nella nostra era è fondamentale affrontare il mondo della tecnologia e dei mass media, realtà che va accettata ma anche compresa, approcciata correttamente e nei giusti tempi. Oggi i bambini, soprattutto in città, hanno sempre meno spazi per correre e giocare o per sperimentare la natura; trascorrono molto tempo a scuola (dove oggi LIM e aule informatica cominciano ad entrare sempre più presto in varie attività) e il rimanente davanti ad uno schermo, cosa che gli adulti troppo spesso considerano minimizzando uno svago, un semplice divertimento senza conoscerne realmente i possibili effetti negativi.
Il problema è molto complesso: non è soltanto quanto tempo, ma anche cosa e come il bambino guarda la Tv, o come “la tv guarda lui” (per approfondire questa tematica vi suggeriamo di leggere il libro “Volevo dirti che è lei che guarda te“)
La velocità delle immagini, spesso nemmeno collegate logicamente tra loro, deforma il senso della realtà del bambino (ancora così fortemente esposto al mondo esterno grazie ai suoi sensi e attraverso la capacità di imitazione) e lo costringe a subire un “movimento passivo”, rimanendo per contro fisicamente fermo e ipnotizzato.
Secondo uno studio dell’American Academy of Pediatrics, questo è il fattore di incidenza principale per lo sviluppo di deficit di attenzione e iperattività su circa il 12% dei bambini statunitensi (dati in costante aumento). La ricerca dimostra anche per la prima volta che i neuroni del cervello di un bambino che guarda la televisione per qualche ora al giorno tendono ad atrofizzarsi, le vie neuronali non si creano e lo sviluppo del cervello rischia addirittura di fermarsi all’età di tre anni!
Nella sua ricerca, Christakis ha trovato che per ogni ora passata alla tv nell’età compresa fra uno e tre anni, i soggetti più piccoli hanno quasi il dieci per cento in più di probabilità di sviluppare problemi di attenzione; un bimbo ai primi passi che passa tre ore al giorno davanti alla televisione ha il 30% in più di probabilità di avere seri difficoltà a scuola.
Lo psichiatra Manfred Bloyle ci informa che “tutto lo sviluppo dell’io è nel confronto con il tu”; ciò significa che ognuno di noi sviluppa la nostra individualità solo se ha un’altra di fronte a se con la quale rapportarsi. Rudolf Steiner, molto tempo prima, ci spiega “il senso dell’Io” come uno dei (secondo lui, dodici) sensi dell’uomo, ovvero quello che ci consente di percepire l’individualità di un altro; e come ogni senso, se non viene utilizzato si atrofizza. Attraverso le tecnologie, i bambini (che sono più vulnerabili) ma anche gli adulti se non si danno un limite rischiano di perdere il loro senso dell’io, faticando creare relazioni nel mondo reale.
Tutto il mondo tecnico e tecnologico non ha un “io” ma un automatismo senza più traccia di chi l’ha creato; e non solo perché siamo di fronte ad un oggetto piuttosto che ad un uomo: ognuno di noi può sperimentare la differenza rispetto, ad esempio, ad un’opera d’arte. Più debole e inesperto è l’io, più il mondo senza fa impressione e il proprio io non si sviluppa o addirittura si ritira, trascendendo nel vicolo cieco dell’egoismo.
I bambini che sin da piccoli utilizzano troppa tecnologia, oltre a muoversi poco fisicamente, non imparano ad entrare in relazione con le forze umane, parlano e imitano ciò che vedono fare dai personaggi virtuali, affettati e stereotipati. Tv e computer ci danno solo l’impressione di metterci in relazione con l’altro; se c’è interazione è solo rispetto ad una risposta, ad un risultato, non certo ad un sentimento scaturito!
Il bambino davanti allo schermo è del tutto passivo, non elabora le immagini proposte, non è creativo quanto, ad esempio, con un’attività manuale, il gioco libero, la lettura o l’ascolto di fiabe.
Proprio in quest’epoca in cui le immagini offerte al bambino troppo spesso sono di tutt’altro tipo, facciamo per lui il gesto coraggioso di offrirgli immagini semplici, incompiute che possano essere completate grazie allo sforzo volitivo della sua fantasia.
La Tv limita la fantasia, il senso di magia e meraviglia che solo attraverso le proprie esperienze di vita si mantiene, svelando piccoli e grandi segreti del mondo intorno, spegnendo poco per volta la sua curiosità e soprattutto l’entusiasmo, creando attorno a lui un mondo falso e illusorio.
Lo sviluppo dell’emotività nel bambino dipende dalla sua capacità di accettare i limiti che la realtà impone e di conoscere tutte le sue risorse; senza questo confronto quotidiano costante, come possono crescere soddisfazione e autostima interiori per superare difficoltà e sofferenze? E quando guarderà dentro di sé, come possiamo essere sicuri che non sfugga dal vuoto che si è creato cercando nuovi automatismi, stimoli, dipendenze ed emozioni forti all’esterno?
Paura ed insicurezza dei bambini e dei ragazzi devono trovare negli adulti le figure di riferimento per elaborarle e scioglierle ma questo purtroppo accade sempre meno; troppi bambini le reprimono sempre più profondamente perché non sanno affrontarle, il che può sfociare in aggressività e violenza su se stessi e sugli altri.
La doppiezza della cultura di oggi propone questo, vietandolo subdolamente e facendo vivere il bambino in un ulteriore confusione assumendo una “maschera” che lo fa apparire per ciò che è richiesto dalla società e reprimendo i suoi sentimenti fino a quando troverà il modo di sfogarli con forza in modo pericoloso e il gruppo per sentirsi compreso e protetto.
Inoltre, le scene violente prodotte nei programmi per bambini sono ancora più nocive di quelle viste nei fatti di cronaca perché facilmente replicabili, vicine alla sua realtà e talvolta resa nel suo contesto anche divertente, normale e accettabile. Il bambino impara dalla tv che vince il più forte, ricco e potente; che il piacere deriva dal narcisismo, dal godere di cibi succulenti e malsani, dal possesso materiale di oggetti (o, più avanti, il corpo femminile, presentato come oggetto) che porta a giudicare per ciò che si ha piuttosto che da ciò che si è. Non impara invece a conoscere la fatica del fare e le qualità nascoste più profonde dell’animo umano.
Il marketing spietato della pubblicità bombarda letteralmente le famiglie, invase da sempre nuovi bisogni indotti per sentirsi adeguati o sicuri. Ad esempio, un bambino spaventato dalle sue stesse paure nascoste si sentirà rassicurato acquistando mostri che lo difendano.
L’educazione emotiva deve essere assolutamente ripresa dalla scuola e considerata uno dei suoi compiti principali. Il linguaggio delle immagini (fiabe, favole, miti,…) costruisce e rafforza la vita emotiva del bambino, ovvero tutto ciò che è connesso alla vita sociale, che proprio negli anni della scuola elementare e primaria va sviluppandosi.
Attraverso un insegnamento puramente intellettuale e materiale, l’emotività rischia di focalizzarsi aridamente solo sulla materialità, la competizione e la lotta per la sopravvivenza.
E noi adulti e genitori, cosa possiamo fare dal canto nostro, soprattutto se ci siamo già accorti di essere intrappolati in questo meccanismo?
Proviamo con un gesto forte, sicuro e di contrasto, se davvero ne siamo sicuri e vogliamo cambiare radicalmente: un fine settimana in famiglia in natura, che sia in una baita in montagna o in un bungalow in riva al mare, lontani (noi adulti per primi, se vogliamo dare il vero esempio e sperimentare insieme ai nostri figli la differenza) da tv, cellulari e computer. Scopriamo insieme la natura attorno a noi con una gita avventurosa o semplicemente seduti ad ascoltare il canto degli uccelli o ad osservare le stelle, in silenzio, in totale ascolto; ritroviamo quel genere di connessione con noi stessi, con i nostri cari e con il creato.
Quando sarà l’ora del cartone animato preferito o del telegiornale, troviamo un’attività che coinvolga tutti in maniera gioiosa e profonda, utilizzando ciò che troviamo attorno a noi di più semplice e stimolante (costruire una casa sotto il tavolo aiutati dalla tovaglia? leggere con calma e attenzione una bella fiaba?…). Quando torneremo a casa, riportiamo questa esperienza a casa nostra, nel quotidiano, sostituendo lo schermo con i volti, la passività con dedizione all’altro, gioia e creatività…e vedrete che nessun bambino chiederà più i cartoni animati prima di andare a dormire….provare per credere!
Sarah Catalano
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