Sogni di gloria? Vogliamo sfatare un mito? L‘importante non è partecipare, l’evidenza mette ben in risalto come quello che conta realmente è invece vincere, a tutti i costi!
Avete mai guardato una partita o un allenamento di bambini da “estranei“, cioè non da genitori, non da parti coinvolte…. bene vi accorgerete subito di come i bambini in campo ci entrano sorridenti, pronti a divertirsi… ma con l’andare della partita i volti cambino, si incupiscano, rattristino, fino a diventare smorfie contratte, volti di bambini impegnati al massimo per sfruttare l’ultimo minuto di gioco per fare ancora quel punto… ma perché? Sono sogni di gloria che si infrangono? Non credo perché se oltre a guardare il gioco si tendono le orecchie a bordo campo e sugli spalti si possono sentire le urla di incoraggiamento…. no aspettate un attimo… non sono urla di incoraggiamento… sono urla sfegatate di genitori che incitano i figli a vincere, a stracciare l’avversario, a impegnarsi di più, che urlano all’arbitro di controllare meglio, di segnare il fallo di annullare un punto…..
Accidenti… uno stress vero e proprio per i bambini che giocano non più per partecipare ma per vincere…. dev’essere per questo motivo che in alcuni sport, in alcuni contesti i genitori sono invitati a non partecipare.
E detto questo ho trovato molto interessante il testo di Mauro Berruto il Commissario Tecnico della nazionale maschile di pallavolo, che descrive con una metafora pungente e sagace lo sport di squadra visto come tale, uno spaccato che fa riflettere sull’individualismo che sempre più viene accentuato, sulla voglia di prevalere e prevaricare, sullo spiccare sugli altri senza rendersi conto che se non ci sono gli altri non si è nessuno.
La pallavolo, come sport di squadra, è uno sport sovversivo, pericoloso…. potrebbe far nascere coesistenza, affiatamento e unione… in un mondo dove l’individuo deve essere al centro del proprio mondo… è uno sport alieno!
❝Mi rivolgo a voi in quanto esseri adulti, razionali e con la testa ben piantata sulle spalle. Preferisco essere proprio io a dirvelo, con cognizione di causa e prima che lo scopriate sulla vostra pelle: la pallavolo è lo sport più pericoloso che esista.
Vi hanno ingannato per anni con la storia della rete, della mancanza di contatto fisico, del fair play. Ci siamo cascati tutti, io per primo, il rischio è molto più profondo subdolo. Prima di tutto questa cosa del passaggio… In un mondo dove il campione è colui che risolve le partite da solo, la pallavolo, cosa si inventa? Se uno ferma la palla o cerca di controllarla toccandola due volte consecutivamente, l’arbitro fischia il fallo e gli avversari fanno il punto. Diabolico ed antistorico: il passaggio come gesto obbligatorio per regolamento in un mondo che insegna a tenersi strette le proprie cose, i propri privilegi, i propri sogni, i propri obiettivi. Poi quella antipatica necessità di muoversi in tanti in uno spazio molto piccolo. Anzi lo spazio più piccolo di tutti gli sport di squadra! 81 metri quadrati appena… Accidenti, ci mettiamo tanto ad insegnare ai nostri figli di girare al largo da certa gentaglia, a cibarsi di individualismo (perché è risaputo che chi fa da sé fa per tre), a tenersi distanti da quelli un po’ troppo diversi e poi li vediamo tutti ammassati in pochi metri quadrati, a dover muoversi in maniera dannatamente sincronica, rispettando ruoli precisi, addirittura (orrore) scambiandosi ‘cinque’ in continuazione.
Non c’è nessuno che può schiacciare se non c’è un altro che alza, nessuno che può alzare se non c’è un altro che ha ricevuto la battuta avversaria. Una fastidiosa interdipendenza che tanto è fondamentale per lo sviluppo del gioco che rappresenta una perfetta antitesi del concetto con cui noi siamo cresciuti e che si fondava sulla legge: ‘La palla è mia e qui non gioca più nessuno’. Infine ci si mette anche il punteggio e il suo continuo riazzeramento alla fine di ogni set. Ovvero, pensateci: hai fatto tutto benissimo e hai vinto il primo set? Devi ricominciare da capo nel secondo. Devi ritrovare energia, motivazioni, qualità tecniche e morali. Quello che hai fatto prima (anche se era perfetto) non basta più, devi rimetterlo in gioco. Viceversa, hai perso il set precedente? Hai una nuova oggettiva opportunità di ricominciare da capo. Assolutamente inaccettabile per noi adulti che lottiamo per tutta la vita per costruire la nostra zona di comfort dalla quale, una volta che ci caschiamo dentro, guai al mondo di pensare di uscire.
Insomma questa pallavolo dove la squadra conta cento volte più del singolo, dove i propri sogni individuali non possono che essere realizzati attraverso la squadra, dove sei chiamato a rimettere in gioco sempre ed inevitabilmente quello che hai fatto, diciamocelo chiaramente, è uno sport da sovversivi!
Potrebbe far crescere migliaia di ragazzi e ragazze che credono nella forza e nella bellezza della squadra, del collettivo e della comunità. Non vorrete correre questo rischio, vero? Anche perché, vi avviso, se deciderete di farlo… non tornerete più indietro.❞
Mauro Berruto
Commissario Tecnico della nazionale maschile di pallavolo
(Testo pubblicato sul volume ‘Sogni di gloria. Genitori, figli e tutti gli sport del momento’ della collana ‘Save the parents’ di Scuola Holden edito da Feltrinelli)