Ancora una volta siamo qui davanti all’annosa questione dell’etichettatura, questa volta si parla di Etichette a Semafori.
Cerchiamo di capire meglio: l’Europa sta prendendo posizione e sta cercando di tutelare il più possibile il consumatore rendendo le etichette più trasparenti, dal dicembre 2014 entrerà in vigore la nuova normativa, ovvero, le modifiche apportate al regolamento UE 1169/2011 in cui si stabiliscono una serie di nuovi criteri e nomenclature. L’entrata in vigore di queste nuove regole ha avuto come conseguenza un ritorno d’attenzione sulla questione etichettatura e trasparenza, o forse sarebbe meglio dire “inganno al consumatore”.
L’importanza delle etichette infatti non va mai sottovalutata, non solo ci permette di fare acquisti più consapevoli, ma può influire sull’economia di un paese relativa al settore import/export e sulla credibilità di un prodotto.
Fatta questa premessa torniamo a noi.
Cosa sono le etichette a semafori?
Si tratta di una particolare strategia di etichettatura adottata, per il momento, solo in Inghilterra a cui l’Italia si sta fortemente opponendo e finalmente, si spera, con l’appoggio della commissione europea che ha recentemente dichiarato l’inadeguatezza del sistema britannico ribaltando la posizione di bene placido precedentemente data.
Le etichette a semafori si basano su una logica cromatica, ripresa appunto da quella dei semafori e sono state volute dal governo britannico per favorire la lotta contro l’obesità. I valori nutritivi sono indicati in diverse “aree semaforo” dell’etichetta e possono essere rossi, quindi pericolosi, semaforo acceso sull’obesità e sui grassi, arancioni, meno pericolosi o verdi, quindi a prova di grasso.
Fin qui sembra non ci sia niente di particolarmente contestabile, quindi perché la UE ha bocciato questo schema di etichettatura?
L’Unione Europea ha bocciato l’etichetta a semaforo e aperto una procedura di infrazione contro la Gran Bretagna; la commissione, ha infatti ritenuto che si tratti di una “presunta violazione del principio di libera circolazione delle merci”.
Cosa vuol dire? L’economia mondiale, sia quella relativa agli scambi intracomunitari che quella inerente agli scambi extracomunitari, si basa su un ferreo principio di libero scambio, il che, in sostanza, sta a significare che un paese membro non può, danneggiare l’economia di un altro stato membro, a meno che non ci sia una giusta causa.
Perché le etichette semaforo danneggiano il made in Italy?
Perché nell’apparente tentativo di penalizzare le sostanze con una percentuale troppo alta di grassi, si penalizzavano esclusivamente, o prevalentemente, prodotti come il parmigiano e l’olio d’oliva.
Dov’è il danno al consumatore? Quello che è discutibile è il criterio con cui si stabilisce se un prodotto è rosso o verde.
Questo tipo di etichettatura non prende in considerazione l’RDA (razione giornaliera) nè la percentuale reale di grassi in base al consumo, ma solo i valori generici e in questo modo non si limita a segnalare che il parmigiano è molto calorico e che l’olio di oliva ha un’alta percentuale di grassi (argomento lungo e discutibile), ma rende una qualsiasi bevanda gassata light, un alimento “verde”, più adatto al consumatore di una scaglia di parmigiano o dell’olio extravergine di oliva.
Un passo indietro: anno fa l’eurodeputato Giancarlo Scotta fece presente alla commissione il carattere discriminatorio delle etichette, basti pensare a prodotti tipici come come la mozzarella o il parmigiano o, paradosso dei paradossi, l’olio d’oliva per capire a cosa si riferisse la sua obiezione, risultano infatti assolutamente semafori rossi, ma la commissione respinse l’obiezione.
In seguito le polemiche sono incominciate ad arrivare anche da altri paesi europei dell’area mediterranea. Ora il punto è: al di là dell’opinione personale riguardo al consumo di alimenti di derivazione animale come i formaggi, rimane l’assoluta incoerenza del sistema a semafori, che vede come assolutamente edibili, semaforo verde, cibi confezionati e precotti, bibite gassate nella versione light, merendine con pochi grassi e simili.
In questo modo si hanno due risultati negativi, il primo consiste nello spingere il consumatore verso i cibi preconfezionati con immenso e incalcolabile vantaggio economico delle multinazionali che li producono; il secondo che consiste nell’affondare sempre più il prodotto nazionale e la dieta mediterranea.
Cosa possiamo fare? Informarci il più possibile e fare acquisti consapevoli, sempre, qui e all’estero.