Sentirsi prigioniera nel proprio corpo, un corpo che non si accetta, uno sguardo allo specchio, veloce per non soffermarsi a pensare, a vedere quello che non si riconosce. Questo corpo non è il mio. Questo corpo non sono io. Quella donna non sono io.
Immaginarsi in un modo e poi rendersi conto di non esserlo. Guardarsi in torno e sentire gli sguardi di tutti puntati addosso. Camminare per strada desiderando solo di essere inghiottite da una voragine senza fondo… ma una voragine che sia abbastanza grande, per non aggiungere anche l’umiliazione di rimanerci incastrata.
Entrare in un locale e aver paura di sedersi, ed oltre al peso del proprio essere anche il peso di quegli occhi, occhi accusatori, occhi che scrutano, occhi che feriscono, occhi che umiliano.
Questo è quello che una donna che non riesce ad accettare ciò che è il suo corpo prova.
E quando a vivere in un corpo che non si accetta, che non si riconosce è una fotografa, tutto prende una luce diversa. Jen Davis ha trascorso 11 anni della sua vita a non riconoscersi, imprigionata in un corpo che non era il suo:
“Tutto è iniziato dalla prima foto, in cui sono in spiaggia circondata da ragazzi e ragazze in forma. Lì ho capito che in realtà avevo il bisogno di mostrarmi agli altri, di farmi vedere. Ma soprattutto di capire chi fossi davvero”.
Il suo lavoro si intitola Self-portraits, è qualcosa di spietato. Fa male guardare le sue foto, ma non perché il soggetto è una donna grassa (termine forse politically scorrect, ma senza girarci in torno è il termine che ogni persona guardando queste foto vede per prima cosa) ma perché queste foto sono terribilmente angoscianti, trasmettono una tristezza, un dolore, una solitudine, un vuoto dentro che neppure tutto quel grasso riuscirebbe a riempire.
Jen Davis ha preso coscienza di sè e ha deciso per un intervento di by-pass gastrico, una chirurgia bariatrica drastica ma necessaria per ritrovare un corpo nascosto, un corpo che fosse il suo. E quando il suo corpo è tornato, quando ha ricominciato a guardarsi allo specchio e a riconoscersi, ha smesso di fotografarsi, ha smesso di cercare.
“Quando sono dimagrita mi sono accorta che non era più tempo di mettere in mostra la mia vita, ma che era arrivato il momento di viverla davvero”
Quante sono le persone che vivono nel corpo sbagliato, in un corpo che non è il loro, senza colpe, senza riuscire ad uscirne. Sono tante, inutile fare la solita polemica del “poteva mettersi a dieta” “poteva fare ginnastica” “io non mi ridurrei mai così“…eccetera. Accade, un giorno ti svegli e non ti riconosci, non sai chi è la donna nello specchio, una malattia, un carico di ormoni impazziti, una cura a base di farmaci “ingrassanti”, i motivi sono molteplici, ma basta anche solo una depressione infinita a portare via la voglia di curarsi di sè stesse… e quando vorremmo farlo è troppo tardi.
Non giudicate, osservate solo, ma nella vostra testa pensate agli abbracci che Jen riceve ma che si vergogna di ricevere, pensate ai vestiti che indossa ma che si vergogna di indossare… Immaginate di trovarvi al suo posto e cercate di capire.
Ma soprattutto la prossima volta che vedete una Jen per strada sappiate che potrebbe essere la prima a non riconoscersi quando si guarda allo specchio, sappiate che potrebbe essere la prima ad odiarsi senza bisogno che nessuno le ripeta continuamente: “perché non fai qualcosa?“
✰✬✰✬✰✬✰✬✰✬✰✬✰✬✰✬✰✬✰✬✰✬✰✬
Volete essere sempre aggiornati su risorse ecologiche, animalismo, idee di riciclaggio, temi equosolidali e temi etici?
Seguiteci sulla Fanpage di Facebook EticaMente su Pinterest e su Twitter e non dimenticate di iscrivervi alla newsletter, presto tantissime novità!!