I frutti di bosco, specie quelli surgelati e congelati, continuano ad essere nel mirino per il virus dell’Epatite A.
L’epatite A, lo ricordiamo, è una malattia infettiva acuta causata da un virus che colpisce il fegato. Il contagio avviene per contatto diretto da persona a persona o attraverso il consumo di acqua o di alcuni cibi contaminati.
Generalmente la malattia ha un’evoluzione benigna, dura dalle 2 alle 10 settimane, e dopo la guarigione conferisce un’immunità permanente. Questo anche perchè si tratta di una malattina che non cronicizza mai.
Ebbene, nell’ultima relazione redatta dal Ministero della Salute, in cui dati sono integrati con i dati del Sistema Epidemiologico Integrato dell’Epatite Virale Acuta (SEIEVA) dell’Istituto superiore di sanità (ISS), è emerso che a partire da Novembre 2013 fino al 28 Febbraio 2014 è stata registrata una riduzione dei casi di persone colpite da Epatite A, ma questo dato non rassicura del tutto poichè il numero di casi negli ultimi mesi è comunque superiore a quello rilevato nello stesso periodo dei due anni precedenti.
Dal 1° Gennaio del 2013 al 28 Febbraio del 2014, infatti, sono stati notificati 1.463 casi di Epatite A. Se consideriamo che nell’anno precedente (da Novembre 2011 a Dicembre 2012) i casi erano erano 360, ci rendiamo conto che le vittime sono circa 1.100 in più!
Tutti casi, questi, legati al consumo di frutti di bosco contaminati.
Sebbene tutti i lotti risultati positivi alle analisi siano stati prontamente ritirati e richiamati dal mercato, non si esclude l’eventualità che altri lotti di frutti di bosco surgelati/congelati contaminati, diversi da quelli oggetto di allerta, possano essere presenti sul mercato.
La tracciabilità sui frutti di bosco surgelati, per giungere all’origine dell’epidemia, non è stato affatto semplice. Stando a quanto redatto dal Ministero della Salute, infatti, l’analisi comparata dei dati di tracciabilità ha avuto l’obiettivo di rappresentare le filiere distributive a monte dei lotti contaminati: la raccolta informativa mirava a identificare la presenza di fornitori e/o segmenti distributivi comuni a più lotti, consentendo di ricavare informazioni utili a svelare potenziali fonti di contaminazione dei frutti di bosco.
Le ipotesi esplorate contemplavano sia la possibile contaminazione dei frutti freschi in fase di coltivazione e raccolta (contaminazione primaria), sia possibili meccanismi di contaminazione crociata nelle successive fasi di congelamento e distribuzione degli ingredienti.
E purtroppo va anche detto che risalire all’origine dei frutti di bosco che hanno generato la contaminazione, così da individuare al meglio le cause, non è affatto semplice perchè la filiera è davvero complessa.
La catena distributiva, infatti, ha avuto per oggetto complessivamente 830 transazioni commerciali, facenti capo a 331 fornitori in 25 Paesi EU ed extra EU (dati riferiti al 31/1/2014). Il numero medio di transazioni commerciali a monte di ciascun lotto confermato o sospetto è di 56,6 (min. 4; max 70).
Insomma, si parla di ipotesi e non di certezze, e questa situazione ci dimostra ancora una volta quanto sia ancora fragile il sistema di tracciabilità in Europa per individuare l’origine delle epidemie alimentari e per facilitare il ritiro e il richiamo di prodotti contaminati o che siano oggetto di allerta sanitaria.
Il problema è che molte delle persone continuano, noncuranti, a mangiare tranquillamente frutti di bosco. In particolar modo ci si riferisce a quelli congelati e surgelati, che vengono spesso impiegati (in torte, dolci e gelati) nei ristoranti, nelle pizzerie e in tutti gli altri esercizi commerciali.
Pertanto, il Ministero della Salute raccomanda di consumare i frutti di bosco congelati/surgelati solo cotti, facendoli bollire (portandoli a 100°C, temperatura di ebollizione) per almeno 2 minuti.
Raccomanda inoltre di non impiegare i frutti di bosco crudi per guarnire i piatti (ad esempio la superficie di una crostata, semifreddi, yogurt ecc.), e di lavare accuratamente i contenitori e gli utensili usati per maneggiare i frutti di bosco scongelati.
Le analisi comunque restano ancora in corso, al fine di esaminare congiuntamente tutte le informazioni di tracciabilità disponibili nei vari Paesi colpiti dallo stesso ceppo epidemico, così da avere maggiore materiale per lo studio in questione nella speranza di giungere, finalmente, ad una conclusione certa che riguarda l’origine di questa epidemia.
[Fonte: www.salute.gov.it]
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