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I Social Aiutano a Scoprire una Rara Condizione Genetica: I Bambini che Non Piangono

Di Valeria Bonora - 21 Marzo 2014

Questa volta nessuna accusa contro i social anzi, si spezza una lancia in loro favore. perchè è proprio grazie ai social che si è scoperta, anzi per meglio dire confermata l’esistenza, di una rara condizione genetica che, tra le altre cose, impedisce ai bambini di piangere.

La ricerca arriva dall’Università di Stanford e precisamente dal dottor Gregory Enns. Il caso studiato è quello di una bambina, Grace Wilsey, di tre anni che piangeva senza lacrime. Questa bimba aveva altri disturbi come problemi nei movimenti, ritardo di sviluppo e una degenerazione del fegato.

Matt e Kristen Wilsey con Grace

Nessuna malattia era associata a questi disturbi e anche dopo l’analisi del DNA, che aveva mostrato 8 segni di mutazione genetica, non era possibile confermare o effettuare una diagnosi precisa senza che altri casi venissero studiati.

Così i genitori, incoraggiati anche dal dottore, si sono messi in contatto con il padre di un altro bambino che aveva sintomi molto simili ai suoi. Poi attraverso un blog, e il passaparola sui social network, sono stati scoperti altri casi come il suo, bene 6 casi dal Canada alla Germania.

In seguito i test del Dna effettuati con moderne tecniche di genetica, hanno confermato che a provocare la malattia era un gene che codifica la N-glicanasi 1, un enzima che ricicla prodotti difettosi da una linea di assemblaggio cellulare.

La nuova malattia, chiamata deficit NGLY1, è descritta in un articolo pubblicato online il 20 marzo su Genetics in Medicine, la rivista della American College of Medical Genetics and Genomics.

L’enzima che manca nei pazienti con il deficit NGLY1 si trova normalmente nelle cellule di tutto il corpo. La N-glicanasi 1 aiuta a rompere le proteine così che i loro componenti possano essere riutilizzati. La nuova ricerca ha confermato che i bambini con il gene difettoso non producano l’enzima N-glicanasi. I ricercatori hanno anche osservato che le biopsie epatiche dei bambini contenevano una sostanza amorfa, e sospettavano fosse un accumulo di proteine che non sono state riciclate.

Il dottor Gregory Enns spiega: “Questo è un modo completamente nuovo di fare ricerca clinica. Una volta ci sarebbero voluti anni per trovare otto casi, mentre abbiamo impiegato pochi mesi grazie al coinvolgimento dei genitori e ai social network“.

I social media aiutano a coordinare i genitori e condividere idee,” ha dichiarato Matt Wilsey (il padre di Grace), facendo notare che i genitori possono anche collegarsi a scienziati di diverse istituzioni tra loro o alle risorse che i ricercatori non hanno ancora preso in considerazione. L’utilizzo di blog e altri forum online aiuta anche gli scienziati ad evitare la trappola del processo di pubblicazione scientifica, ed ha aggiunto: “Gli scienziati possono condividere i loro fallimenti, pubblicando ‘là fuori’ i loro risultati negativi in modo che altri non reinventinoe la ruota“, un modo carino per spiegare che se anche i fallimenti venissero postati non si ripeterebbero gli stessi errori!

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