Ci siamo mai accorti di quanto siamo simili alle scimmie?
È vero che esiste una certa parentela, anche abbastanza stretta, ma sono stupefacenti modi caratteristici totalmente istintivi del loro essere che ci lascerebbero affascinati se solo avessimo la possibilità di osservarli da vicino.
È quello che è successo qualche giorno fa al parco nazionale Kruger, dove un babbuino che giocava col suo piccolo ha stupito i visitatori perché quel gioco era per tutti fin troppo comune.
Sembrava una scena già vista perché ognuno di noi ha potuto osservare almeno una volta nella vita una madre giocare col proprio figlio e quello che prevale è un’assoluta tenerezza derivata da quell’amore incondizionato così grande che abbiamo la sensazione di poterlo anche toccare.
Con la nascita ha inizio il complesso processo di crescita che pensiamo appartenga solo a noi in quanto esseri evoluti ma che invece si estende anche a questa meravigliosa specie, come a tutte le altre nei modi più vari.
Abbiamo scoperto che ogni uomo è il risultato del superamento di fondamentali fasi dello sviluppo; la nostra natura ha esigenza che ogni fase venga vissuta, compiuta e superata al fine di formare una persona unica e indipendente.
Tutto comincia dall’allattamento, fondamentale per la nascita del primo legame affettivo, radicato in noi profondamente e specchio di ogni nostra relazione futura.
Alle scimmie, invece, cosa succede?
Niente di diverso, la madre sa bene, infatti, che dopo la gravidanza arriva il periodo più duro durante il quale le sue energie saranno messe a dura prova.
Infatti l’allattamento è faticoso ma, poiché la natura provvede a tutto, mette a disposizione dell’animale tanta di quella forza da essere in grado di abbattere ogni ostacolo.
Le nostre mamme non sono forse così? Forti, sicure e determinate, perché così è necessario.
Ma dopo un po’ ogni madre, umana o animale, capisce che è arrivato il momento per il proprio piccolo di affrontare il primo importante passo che contribuisce alla formazione della propria identità, lo svezzamento.
Non si sa ancora bene, nel nostro mondo così evoluto, se sarebbe il caso di seguire le leggi della natura facendo sì che ogni bambino segua il suo istinto, o se sarebbe meglio guidare il bambino decidendo per lui il momento in cui non è più adatto il latte della mamma ma, piuttosto, pappine buone e nutrienti.
Forse, se prendessimo esempio da questi animali, i nostri bambini supererebbero con maggiore serenità questa fase tanto traumatica.
Infatti, alla nascita di una piccola scimmia, la madre sa che ogni parte di lei sarà necessaria al suo accudimento, di conseguenza non verranno messi al mondo altri esseri se prima il nuovo nato non avrà costruito, grazie all’allattamento, un legame più che sicuro con la mamma e, di conseguenza, una consapevolezza di sé e della propria individualità.
Quando la madre si accorge che la scimmietta è già pronta per esplorare l’ambiente circostante, sicura delle sue capacità motorie, le dà la possibilità di scoprire l’altro, quindi il mondo e di soddisfare il personale gusto permettendole di assaggiare tutto ciò che di buono e commestibile potrebbe aver voglia di mangiare.
Quando la scimmietta tornerà dalla mamma alla ricerca nuovamente del seno, la mamma sarà pronta ad accoglierla ma allo stesso tempo capirà qual è il momento giusto per spingerla alla scoperta di ciò che va al di là della loro unica relazione.
Il modo migliore per far questo è permettere agli scimmiotti di attaccarsi alla schiena della mamma e restare ad osservare in questo modo ogni comportamento adulto che può essergli utile, attraverso l’imitazione, per prepararsi all’indipendenza.
Tutto questo succede ai nostri bambini quando diamo loro la possibilità, già da piccolissimi, di essere sostenuti dalla fascia che li reggerà dietro la nostra schiena.
Perché proprio la schiena? Perché, oltre a creare una continuità del contatto col corpo materno, i bambini possono osservare il percorso della madre da una posizione sicura dalla quale seguono ogni movimento.
Considerando tutto ciò, se provassimo a dare più spazio ai comportamenti istintivi piuttosto che alle abitudini diventate quasi meccaniche e prive di un reale significato che vada al di là dell’abitudine?
Forse riporteremmo alla luce una parte di noi da un po’ di tempo ingiustamente trascurata.
Gaia Di Giovanni