Nel clima festoso e goliardico del Carnevale vediamo sfilare carri, ci lasciamo travolgere da una pioggia di coriandoli e vestiamo i panni inconsueti delle maschere più originali. Ma ci siamo mai chiesti quali valori simbolici nasconda in realtà l’usanza del mascheramento?
Ma perché si dev’essere così? Mascherati! Mascherati! Mascherati! Perché, appena insieme, l’uno di fronte all’altro, diventiamo tutti tanti pagliacci?
(Luigi Pirandello)
La maschera nell’antichità
Nel corso della storia la maschera ha assimilato differenti significati e a seconda della cultura. È divenuto ora oggetto rituale, ora teatrale, ora goliardico, ma c’è una cosa che accomuna tutti gli usi di ciascuna cultura ed è la perdita dell’identità da parte di chi la indossa.
C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro, e quando stai solo resti nessuno.
(Luigi Pirandello)
La maschera è un misterioso oggetto che ci ha accompagnato sin dalle origini. I popoli primitivi usavano travestirsi con pelli e altri oggetti per imitare le movenze degli animali e coprirsi il volto nelle cerimonie spirituali per svolgere funzioni propiziatorie. Indossata durante le danze da parte di un privilegiato, diveniva un mezzo che metteva in contatto l’uomo con energie della natura e spiriti. Il danzatore perdeva così la propria identità e trovava quella dello spirito, il quale attraverso di lui avrebbe agito apportando benefici alla società. La maschera continua ad assumere lo stesso valore magico nelle tribù dell’odierna Africa Subsahariana e Occidentale, dove si consumano ancora gli stessi rituali.
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In Occidente l’utilizzo della maschera è attestato sia durante i riti Dionisiaci della Grecia antica e sia nei Saturnali romani. In queste festività venivano rovesciate tutte le gerarchie sociali e l’ordine precostituito; gli schiavi potevano considerarsi liberi e la classe nobile poteva essere derisa. Avveniva lo stesso durante il Carnevale della Venezia medievale, dove con la maschera sul viso si poteva trasgredire qualsiasi regola e si era liberi persino di insultare il doge.
La burla e trasfigurazione dei potenti sono il copione per eccellenza che sta dietro alle maschere tradizionali del carnevale italiano, giunte sino a noi dalla Commedia dell’arte. Nel teatro del Cinquecento Arlecchino, Pulcinella, Brighella, Colombina erano le maschere fisse di servitori furbi e senza scrupoli che si prendevano gioco dei loro padroni o di personaggi come il Dottor Baldanzone, caricatura del medico sapiente.
Ma se lo schiavo può sentirsi libero con la maschera, e si può insultare senza remore un “personaggio” che riveste una carica altissima, allora che cos’è la maschera, se non lo svelamento di una parte di noi stessi che non si può mostrare nell’ordine costituito delle cose? Ecco che, nella nostra cultura, la maschera diviene un altro tipo veicolo, un mezzo che mette in comunicazione noi stessi con il nostro Sé. La scelta di una nuova identità diventa paradossalmente uno dei modi di togliersi la maschera che indossiamo tutti i giorni, di uscire pirandellianamente dal personaggio che abbiamo costruito e da quello che gli altri ci hanno cucito addosso.
Nessun uomo può, per un tempo considerevole, portare una faccia per sé e un’altra per la moltitudine, senza infine confonderle e non sapere più quale delle due sia la vera.
(Nathaniel Hawthorne)
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Mascheriamoci con consapevolezza
L’abitudine a mascherarci a Carnevale diventa allora un vero e proprio atto di ribellione, se compiuto con consapevolezza. Cerchiamo, quindi, di scegliere con cura il personaggio che vogliamo impersonificare: non cadiamo nel tranello di scegliere qualcosa che va di moda, pensiamo invece a quelle parti di noi che tendiamo a rifiutare o a non vedere mai nella nostra quotidianità e proviamo a metterle in scena.
A volte le persone portano con tale perfezione la maschera che si sono imposte, da finire col diventare davvero ciò che volevano apparire.
(William Somerset Maugham)
Chissà che travestendoci da quel personaggio non attuiamo un inconsapevole movimento interiore tale da acquisire le sue caratteristiche: in fondo la vita altro non è che un teatro con tanti attori! Sfruttiamo allora il potere del Carnevale: divertiamoci a sfidarci, guidiamo i nostri figli verso la scelta di maschere non consuete, cerchiamo di indossare, per una volta, una maschera in modo consapevole!
L’uomo è meno sé stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera, e vi dirà la verità.
(Oscar Wilde)
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