Pallini di plastica, bombe caricate a farina, fucili ad aria compressa, armi giocattolo che sembrano vere e che danno vita ad un mercato in espansione, con un giro di soldi che non si vergogna davanti a quello delle armi reali.
Il softair, i giochi di guerra, stanno sostituendo la play station e i “vecchi” giochi di ruolo su base fantasy. Un conto è stare davanti ad uno schermo, un conto è indossare mimetiche ed elmetti mentre si imbracciano finte armi da guerra (sin troppo simili a quelle vere) e dar sfogo a tutta l’aggressività repressa.
Alle critiche, gli appassionati del genere, obiettano che si tratti di un modo catartico di esternare lo stress e l’aggressività, ma la catarsi non avviene in questi termini, non stanno osservando una tragedia greca e piangendo immedesimandosi nelle sventure del protagonista, emozione che si permetteva una catarsi e che possiamo provare anche guardando un film o, ancor di più, andando a teatro, no qui, da spettatori si diventa attori ed il palco è un immaginario campo di battaglia, peccato però, che a volte sia proprio li mondo reale il palcoscenico di questo inquietante gioco di tendenza ed allora ecco comparire sui giornali le vittime delle armi giocatolo.
Cito da un articolo delle inchieste di Repubblica “Taranto, 25 agosto 2011: Diciannovenne mascherato scherza con l’arma giocattolo: ucciso dai carabinieri. Lucca, 22 febbraio 2013: Ventiduenne precipita dal tetto di un capannone dismesso e muore mentre gioca a softair. Verona, 3 dicembre 2013: quattro 20enni sparano dall’auto alle prostitute con la carabina a pallini.”
E’ un tipo di mercato che invece di cedere alla crisi ne è incrementato, nei boschi non si cerca il contatto con la natura, ma si simula il campo di battaglia, vinti e vincitori si sfidano, minacciano, attaccano, catturano, si sparano l’uno con l’altro. Molti dei partecipanti sono impiegati delle forze dell’ordine, altri, sono normali cittadini di età variabile, anche bambini e ragazzi, indifferentemente uomini e donne che sembrano affascinati dalla guerra, dalla battaglia, dall’idea di poter vincere almeno in un campo immaginario una battaglia, che forse, non riescono a vincere nella società e così, gioco dopo gioco, i soldi continuano a fluire nelle mani sbagliate e l’idea alla guerra diventa sempre più “quotidiana” pericolosamente quotidiana.
La lotta contro le difficoltà e contro lo stress si vince in un solo modo, attraverso la pace interiore, ma oggi, come in un ciclico ricorso oscurantistico ed inquisitorio, tutto ciò che sembra aver un qualche riferimento alla spiritualità e ad ogni sua via è consegnato inesorabilmente alle fiamme del rogo della libertà di pensiero.
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