Un progetto davvero innovativo, di grande importanza e di grande impatto, un progetto unico e sociale che si presenta come un primo grande passo verso l’indipendenza e l’autonomia dei diversamente abili: un progetto, dunque, finalizzato ad offrire una differente immagine della diversità e a valorizzare le potenzialità delle singole persone.
Si chiama “EVA – École de la Vie Autonome” (Scuola per la vita autonoma) e nasce in Francia da un’idea nata dall’office d’hygiène sociale di Meurthe-et-Moselle.
Il progetto è stato inaugurato nell’Ottobre del 2012 e si pone come obiettivo quello di insegnare a giovani ragazze e ragazzi disabili a vivere in maniera del tutto autonoma e il più possibile indipendente, per facilitare il distacco dalla famiglia e dai centri specializzati.
L’accesso alla scuola è riservato ai giovani disabili di età compresa tra i 18 e i 20 anni che, una volta entrati, intraprendono un percorso quadriennale: per i primi due anni, infatti, i ragazzi vivono all’interno dell’istituto, in dei monolocali adattati in funzione dell’handicap di ognuno.
Nell’arco di questi due anni, personale specializzato insegna ai ragazzi a cucinare, a fare una lavatrice, a pagare una bolletta e a districarsi in operazioni più complesse della vita quotidiana, come muoversi all’interno della città utilizzando gli itinerari accessibili e destreggiarsi tra documenti e questioni burocatriche superando il timore di non essere all’altezza di certi compiti o il timore di non essere capiti.
Nel corso degli altri due anni, invece, i ragazzi vengono trasferiti in appartamenti indipendenti situati all’interno della città, sempre seguiti dal personale specializzato dell’istitituto, così da entrare nel vivo della propria quotidianità e mettere in pratica in maniera del tutto concreta quanto si è appreso nei due anni precedenti.
Una volta superate queste due “prove”, se i risultati saranno quelli sperati, allora il giovane disabile sarà in grado di vivere completamente da solo e in piena autonomia.
Dopo un anno dall’apertura della struttura i risultati sono stati tangibili: i ragazzi, infatti, spinti dal desiderio di raggiungere una propria autonomia e indipendenza, imparavano e apprendevano quanto loro insegnato in breve tempo.
La direttrice dell’istituto, Vanessa Balthazard, ha spiegato:
“Noi non risolviamo il problema della dipendenza, ma cerchiamo di sezionare la giornata e di impostare strategie di compensazione per permettere ai disabili di vivere una vita autonoma come tutti gli altri. Impariamo loro a proteggersi…”
L’assistente sociale Aurelia Iglesias, invece, aggiunge:
“Inizialmente i ragazzi avevano un po’ di timore, erano in preda al panico. Ora invece riescono ad aprirsi perchè hanno compreso come funziona la nostra organizzazione, quindi hanno imparato a prendere degli appuntamenti con me e ad esprimere le loro richieste. I miei uffici sono quasi sempre pieni adesso…”
La struttura, comunque, non è un caso isolato: fa infatti parte dei 196 stabilimenti lorenesi che hanno aderito alla FEHAP (Fédération des Etablissements Hospitaliers & d’Aide à la Personne): la federazione degli stabilimenti ospedalieri per l’aiuto alla persona, un progetto ad ampio raggio che si propone il reinserimento dei disabili nella vita di tutti i giorni.
Insomma, un progetto davvero interessante che noi ci auguriamo possa presto diventare un importante esempio da seguire anche in tutti gli altri paesi europei.
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