«Vivere con meno è il nostro risarcimento» (Vandana Shiva)
Vandana Shiva è una filosofa, scienziata (fisica quantistica) ed ambientalista indiana che da molti anni si occupa di tutelare la biodiversità nel suo paese e nel mondo e di diffondere una cultura di rispetto per la natura e per le popolazioni che abitano nelle zone agricole sfruttate dalle multinazionali dei semi OGM informando e spiegando cosa abbia realmente significato la “green revolution” in Asia, con particolar riferimento al subcontinente indiano e quali siano i rischi che tutti corriamo ed il costo che tutti stiamo pagando a causa di queste politiche agro-economiche globali.
Vandana Shiva è nata a Dehradun, una città dell’India settentrionale, capitale dello stato dell’Uttarakand, praticamente alle pendici dell’Himalaya, in una di quelle zone che furono fortemente colpite dalla rivoluzione verde.
Dopo aver conseguito la laurea in fisica quantistica negli Stati Uniti è tornata in patria e come lei stessa racconta, non ha ritrovato la stessa natura rigogliosa che aveva lasciato, l’acqua non era più potabile e la situazione era peggiorata piuttosto che migliorata; da quel momento decide di impegnarsi nella lotta ambientalista e economico-sociale.
La filosofia della Shiva è intrecciata con il pensiero eco-femminista, sostiene infatti che le donne siano alla base del cambiamento, tanto più in paesi come l’India dove il 90% dell’educazione dei figli è nelle loro mani. Shiva sposa l’idea che ci sia una stretta connessione tra la donna e la natura, entrambi madri ed è in contatto con il movimento Chipko (il movimento Chipko nacque circa trecento anni fa quando più di 300 membri della comunità Bishnoi nel Rajasthan (India), guidati da una donna, Amrita Devi, si sacrificarono per salvare dall’abbattimento i loro alberi sacri, khejri, abbracciandoli) che si stava all’epoca nuovamente consolidando nelle foreste dell’Uttarakand e che vede le donne come paladine attive e consapevoli in difesa della natura locale e della biodiversità.
Secondo la scienziata nel ventennio che è andato dagli anni ’80 al 2000 si è consolidata una forma di “malsvipuppo” che invece di migliorare la situazione ambientale, agricola ed economica ha solo migliorato le entrate nelle tasche delle multinazionali, danneggiando la biodiversità e peggiorando la condizione lavorativa delle donne a causa dell’avvento dei grandi macchinari per l’agricoltura. Questo tipo di macchine sono inadatte alle donne e vengono usate solo da agricoltori e braccianti uomini, riducendo nettamente così le possibilità di impiego in agricoltura per le donne, cosa che non avveniva invece con le colture ed i metodi di raccolta tradizionali.
Nel 1991 la Shiva ha fondato un istituto chiamato Navdinaya (nove semi), i nove semi che rappresentano la biodiversità delle colture indiane e che potrebbero rendere il paese indipendente dal punto di vista agricolo. Questo istituto si occupa di diffondere la cultura della biodiversità tra le popolazioni locali ed aiuta gli agricoltori a sposare questa filosofia, riappropriandosi della tradizione ed abbandonando le politiche delle multinazionali. Tre anni dopo la nascita di Navdinaya la Shiva è stata premiata con il Nobel alternativo per la pace il: Right Livehoood Haward.
“La gente non muore per mancanza di reddito. Muore perché non ha accesso alle risorse”
Vandana Shiva