Anteprima
Maltrattamento

Il viaggio senza ritorno dei cavalli da carne

Di Gaia Di Giovanni - 2 Ottobre 2014

cavallo-da-carneNon si parla molto della macellazione dei cavalli e dei cavalli da carne, è vero che è ormai cibo comune, niente di strano sul fatto che anche i cavalli finiscano dentro un piatto, ma a volte sembra che lo dimentichiamo, o meglio, sembra non ci rendiamo conto che quell’animale diventato cibo era prima un cavallo così elegante, selvaggio, indescrivibilmente bello con quel pelo lucido e gli occhi svegli.

Come siamo arrivati a mangiare anche un essere così nobile non è ben chiaro, ma intanto un’indagine recente e ancora in corso ci mostra il processo di macellazione del cavallo.

È un percorso infernale che inizia con la scelta dei cavalli da carne all’interno degli allevamenti situati solitamente nei paesi dell’est e, caricati su un camion a forza di percosse, affrontano un viaggio di 24 ore fino all’Italia, ore che vengono prolungate a seconda della precisa destinazione del carico.

Proprio l’Italia batte ogni record e consuma tanta di quella carne di cavallo da essere incontrastata da tutti gli altri paesi.

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Arrivati a destinazione, i cavalli sono esausti, confusi e disorientati, pieni di ferite, vengono accompagnati giù dal camion con altre percosse e rinchiusi all’interno della struttura dove avverrà la macellazione.

I rumori delle macchine, delle voci degli operatori, degli animali spaventati sono fortissimi, sembra ci sia in corso una battaglia, rimbombano all’interno della struttura e spaventano ancor di più gli animali che attendono la morte in fila, uno dietro l’altro.

Fortunatamente, al contrario del viaggio affrontato, questa arriva veloce e quasi indolore, provocata da uno sparo alla testa; ma è troppo grande da sopportare il terrore che appare negli occhi dei cavalli mentre i loro compagni spariscono uno per uno e intanto il successivo capisce cosa sta accadendo e capisce pure di essere il prossimo, fino a quando l’operatore avvicina quella pistola anche alla sua testa e non c’è più tempo né modo per scappare.

Allora c’è chi disperato non riesce a star fermo, si abbassa, cerca di nascondere la testa, in preda al panico sembra voglia chiedere a quegli uomini perché gli stiano facendo tutto questo.

Infine appesi a testa in giù, ormai cadaveri, vengono sgozzati e fiumi di sangue scorrono sul pavimento e quello che possiamo immaginare sono gli odori che invadono quel luogo, odore di sangue che richiama sofferenza e morte.

Quando abbiamo deciso che nessuna specie deve essere preservata? Chi ci ha raccontato che ogni essere che non sia uomo può essere squartato, cucinato e mangiato? Perché non pensiamo che ogni essere forse possa avere uno scopo oltre alla nostra sazietà e un posto in questo mondo che non sia il nostro stomaco?

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E di certo, anche se a pensarlo sono in troppi, lo scopo di un cavallo che non viene cucinato non è nemmeno quello di essere cavalcato, non ne trae piacere o beneficio né possiamo convincerci del fatto che questo possa aver voglia di tenere una persona grande e grossa sulle spalle che lo prenda a calci sui fianchi per spingerlo a camminare e a correre.

Dovremmo scendere giù da quel trono immaginario che abbiamo creato per noi e che ci tiene al vertice del mondo, pronti a comandare e a far andare le cose come più ci piace; dovremmo chiederci se il fatto che per cibarci esiste un’alternativa alla morte degli animali non sia un segno del fatto che non è necessario uccidere.

E visitando il sito www.viaggisenzaritorno.it possiamo vedere il video di questo racconto, un viaggio senza ritorno che termina con la morte; guardate voi stessi, se siete abbastanza forti, se no può bastare quanto scritto, e lì accanto una petizione per appoggiare l’indagine dei nostri coraggiosi attivisti e dimostrargli che non sono soli.

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