“La comprensione o l’intelligenza conducono il carro del corpo, guidato dai cavalli dei sensi,
controllati dalle redini della mente” [Upanishad]
Amo scrivere di yoga e di filosofia orientale, ma non è mai facile. E’ una questione vasta e delicata, ma credo vada sempre la pena di approfondila un po’, innanzitutto chiarendo la differenza tra praticare yoga e fare esercizio fisico. Se fare esercizio fisico è, in un certo senso, un modo per scaricarsi e non pensare, oltre che per mantenersi in forma, potremmo dire che lo yoga è invece una via per “imparare” a pensare.
La filosofia yogica è considerata, in India, una vera e propria scienza antica, praticata più come esercizio interiore che fisico, per raggiungere uno stato di consapevolezza e di armonia che abbiano poi come diretta conseguenza uno stato di benessere fisico o il miglioramento di uno stato fisico alterato. Lo yoga fa parte della filosofia indiana che in sanscrito è definita Darsana e fa parte delle sei scuole di pensiero che lo compongono: Shankhya, Yoga, Vaiseiska, Nyaya, Mimamsa e Vedanta.
Lo yoga poi si suddivide a sua volta in sei fasi: controllo del respiro (Pranayama), ritiro dei sensi (Pratyaharo),concentrazione (Dharana), meditazione (Dhyanam), interrogazione contemplativa (Tarka), assorbimento o trance meditativa (Samadhi). Quindi potremmo dire che la meditazione rientra a sua volta nella macro-area dello yoga.
In occidente si è diffuso molto proprio grazie ai benefici che apporta al fisico, i movimenti che portano a formare una posizione, asana, sono lenti e prolungati (più lenti nell’ hatha yoga e più dinamici nel Kundalini yoga, le due forme di yoga più diffuse anche in occidente) e sono volti a ristabilire l’equilibrio interiore, ma nel mentre, se eseguiti in modo giusto e con la giusta guida, apportano un notevole benessere fisico, il miglioramento dell’elasticità muscolare e la consapevolezza del respiro. La “tecnica” del pranayama, infatti, non è altro che una vera e propria coscienza del respiro acquisita tramite il controllo ritmico di quest’ultimo.
Dunque, riassumendo molto in breve, potremmo dire che tra gli elementi fondamentali abbiamo: pranayama, asana, concentrazione e meditazione. La meditazione è un altro aspetto fondamentale ed interessantissimo a parer mio, anche se non facile da definire. La meditazione è una pratica di rilassamento mentale volta ad acquisire un maggior controllo della nostra mente, in modo da poter gestire meglio lo stress, i conflitti e tutto ciò che di destabilizzante ci arriva quotidianamente dall’esterno. E’ un modo per rivedere le convinzioni sbagliate ed acquisire consapevolezza del Sé, eliminare i pensieri negativi e concentrarsi su stessi. Non è una pratica facile, c’è bisogno di esercizio, di un costante esercizio per imparare a svuotare la mente, la respirazione è un elemento fondamentale sia della meditazione che della pratica dello yoga in senso stretto.
Le posizioni sono molte, dal loto, forse una delle più conosciute, all’albero, che prevede il raggiungimento dell’equilibrio sorreggendosi su una sola gamba e così via, ma la concentrazione e non il virtuosismo ne sono il cuore.
Alcune religioni criticano molto questa disciplina, concordando con la filosofia indiana ritengo che essendo una scienza psicofisica millenaria, antica quanto la logica e la matematica, lo yoga possa essere praticato da chiunque a prescindere dalla provenienza socio-culturale, geografica e religiosa.
Concludo con una citazione dalla letteratura hindo-sanscrita: “Come una lampada che sta al riparo dal vento non si muove, cosi è dello yogin che ha sottomesso il suo spirito e che realizza l’unione col Sé”