Solo l’altro giorno ho pubblicato un articolo che descriveva la violenza di questa pratica che sta dilagando negli States, cioè quella dei Bambini in Gabbia Incitati alla Violenza dai Genitori.
Vorrei precisare che non era un attacco alle arti marziali che, a mio avviso, sono uno degli sport migliori per i bambini. Perché insegna loro la concentrazione, la forza, lo spirito di squadra, di appartenenza, di fermezza, oltre a dare loro una forza interiore utile soprattutto a quei bambini che hanno problemi a relazionarsi con gli altri o a quei bambini presi magari di mira dai bulli.
Le arti marziali sono uno sport completo e molto positivo, quello che non va bene è l’incitamento alla violenza. Ci sono gare? Bene bisogna insegnare ai bambini a lottare senza voler far male all’avversario ma applicando le tecniche imparate, bisogna insegnare ai bambini che non è importante vincere, che ci sarà sempre qualcuno di più forte, l’importante è aver fatto del proprio meglio. Purtroppo in queste competizioni non sono i bambini a combattere, lo fanno fisicamente ma l’odio e la violenza vengono inviati dai genitori che “pretendono” che urlano e che fanno di un’arte antica come quella delle arti marziali, un momento di “guerra” tra di loro.
Molti commenti all’altro articolo facevano riferimento anche al fatto che la stessa violenza, o se vogliamo definirla meglio, “pressione psicologica“, da perte dei genitori si poteva vedere anche durante le partite di calcetto o pallavolo… Ma che esempio è dato a i figli?
Di seguito potete leggere un’interessante intervista fatta in una delle più attive palestre di MMA (arti marziali miste) in Italia in quanto a formazione professionistica di atleti: l’Hung Mun Studio di Roma.
A parlare è Riccardo Carfagna che da tre anni insegna MMA agli adulti e ai giovani, a partire dai 4 anni.
“[…] se si pone nella giusta maniera in termini di regolamento, con spirito amichevole e di esclusivo divertimento, le “gare” tra bambini possono solo che far bene, sia al movimento sportivo, sia al carattere dei più piccoli. Noi ad esempio stiamo applicando per gare interne un regolamento stile “hybrid wrestling” in cui non sono presi in considerazione i colpi al viso, sia per i dilettanti adulti alle prime armi, sia per i più piccoli (che vengono anche dotati di un corpetto protettivo, oltre che paratibie e guantini più imbottiti), che permette di focalizzare tutto l’agonismo quasi esclusivamente nella lotta e proteggere soprattutto la testa da concussioni.”
Per quanto riguarda invece i genitori, Riccardo spiega che la pressione dei genitori è sicuramente una cosa negativa e nel loro corso per esempio, gli stessi non entrano nel merito, e precisa che il compito di un istruttore è quello di far divertire i bambini insegnando loro la disciplina sportiva. In Italia non ci sono gare di MMA per i giovanissimi, ma ci sono gare di Grappling che partono dai 7-8 anni.
Se volete leggere l’intervista completa potete farlo qui -> mmamania.it
Ricordatevi che i bambini hanno già dentro di loro la voglia di competizione senza che i genitori la acuiscano, quindi quando accompagnate i vostri figli ad una gara state solo ad osservarli e lodateli anche quando sbagliano o perdono, è il modo migliore per farli crescere più forti, per farli sentire amati comunque anche quando non sono all’altezza, ma sopratutto per farli sentire protetti e sempre vincitori. Insegnate loro che non è importante vincere, ma partecipare, che non è importante fare sempre tutto bene, ma provarci e mettercela tutta.
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