Il massacro dei rinoceronti in sud Africa quest’anno è arrivato a 800 esemplari e ed è in aumento rispetto al 2012.
Centinaia di rinoceronti, ogni anno, vengono uccisi e massacrati dai bracconieri che li attaccano durante la notte, uccidono o narcotizzano e decornificano (la deocrnificazione è il procedimento con cui sono espiantati i corni). Il valore sul mercato nero è di 60.000 dollari al chilo ed un solo corno può arrivare a pesare anche 10 chilogrammi.
Questi possenti ed apparentemente invincibili animali, Sono cacciati in sud Africa e in Asia (con prevalenza in Vietnam) e rivenduti sul mercato a chi li richiede come afrodisiaci (è credenza asiatica che la polvere di corno di rinoceronte sia un potente afrodisiaco) e come cura contro il cancro( sembra infatti che in Vietnam si sia diffusa la notizia di una presunta guarigione da cancro dovuta all’uso di polvere di corno di rinoceronte.) Ognuna di queste credenze serve ad alimentare il traffico nero di soldi facili che si nasconde dietro al bracconaggio, dietro all’uccisione ed al massacro di animali selvaggi.
In paesi con un indice di povertà alto come l’Africa ed in parte, il Vietnam, il bracconaggio sembra essere una buona alternativa alla fame ed alla migrazione, faticosa e costosa, verso i paesi più sviluppati.
I dati sono in netto aumento, dai 668 esemplari del 2012 agli 800 del 2013, raramente sopravvivono alle ferite riportate, il corno viene espiantato dal muso e l’animale viene abbandonato sanguinante, come accade anche per le zanne di elefante. Nel 2011 il Sud Africa ha dichiarato il bracconaggio “rischio per la sicurezza nazionale e priorità nazionale” ed ha fatto fronte a questa immane strage con interventi governativi che comprendono la cooperazione internazionale e regionale, modifiche legislative e la creazione di un National Rhino Fund; tutto questo non sembra però essere sufficiente per far fronte a questo crimine.
La riposta dell’Asia è contraddittoria e in Europa, nonostante la sensibilizzazione verso i diritti animali, rimane sempre quella radicata e forse inconscia, differenza tra il pet e l’animale selvaggio.
L’empatia verso i cosiddetti “animali domestici” porta ad un totale scollamento, l’identificazione e quindi la comprensione della sofferenza che si ha verso l’animale con cui siamo abituati a condividere il nostro tempo è ovviamente maggiore, ma dovrebbe portare ad un raffinamento empatico, dovrebbe portare al rispetto nella sua forma più completa e ampia verso gli esseri viventi, ma questo non così spesso accade.
E’ importante che le legislazioni cambino e che cambi il soggetto di riferimento. I crimini verso gli animali sono definiti “rischi per la sicurezza nazionale” o “offese alla pubblica sensibilità” (era così solo fino a poco tempo fa anche in Italia), il soggetto e quindi la vittima, è decentrato, il crimine non è individuato come un danno diretto all’animale, ma come un danno alla nazione che ospita l’una o l’altra specie o alla sensibilità di chi si sente colpito dal maltrattamento, in ogni caso il soggetto rimane l’essere umano.
E’ necessario che la situazione cambi, che gli animali siano “globalmente” riconosciuti come soggetti di diritto contro i quali è illegale commettere un crimine che leda il loro benessere e la loro salute o che comprometta la loro stessa esistenza.