La tolleranza, l’etica e l’amore non hanno religione, confini o colore della pelle e per questo oggi voglio raccontarvi una storia, una delle tante che ho ascoltato lavorando come mediatrice linguistico culturale; è una storia che inizia in un’ aula, un’ aula qualunque, uno spazio neutro dove far crescere le speranze legate all’apprendimento di una lingua, ma non una lingua qualsiasi, la lingua del paese ospite, la lingua che permetterà la sopravvivenza economica e sociale, l’auto-promozione, la gratificazione, la lingua che dovrebbe migliorare la qualità di vita di chi arriva qui lasciandosi dietro una Storia.
Vishaal è un ragazzo indiano come tanti, arrivato qui per avere una chance in più e in un giorno come tanti lo incontro per la solita lezione, lo vedo triste, mi siedo, chiedo, inizia a raccontare.
E’ triste perché la ragazza italiana di cui è innamorato non vuole più uscire con lui “dice che sono troppo piccolo, che lei è una donna io un ragazzo” , sorrido e con la superficialità di chi crede di parlare ad un giovane ragazzo con il cuore infranto e non si è accorta, occhi bendati dall’eurocentrismo, di aver davanti un uomo gli chiedo di continuare. Vishaal mi guarda, incomincia a confidarsi ed apre una porta su un mondo sconosciuto a troppi, apre una porta che apre la mente, una porta che ognuno dovrebbe attraversare.
“ ma io non sono il ragazzino che pensi tu” mi dice in un italiano che non è proprio questo, “ho 36 anni, sono un uomo, io e lei abbiamo la stessa età, ma sui miei documenti c’è scritto che ho 24 anni e non mi crede”.
I documenti di Vishaal sono falsi, come quelli della gran parte di loro, sono costati cari, i risparmi della famiglia, proprietari terrieri abbastanza benestanti da potersi permettere di pagare i documenti per il più grande dei loro figli in modo che sorvoli il paese fino ad entrare in Europa, sorvolando così anche sul gap economico rupia-euro (al cambio attuale 70 rupia, la moneta locale indiana,valgono circa un euro; con 70 rupia posso mangiare, con 200 posso mangiare bene ed anche bere, per sole 15 rupia nel sud est, a Calcutta, le donne si prostituiscono per poter mangiare tutti i giorni).
Vishaal è un fortunato, uno di quelli arrivati qui con i documenti in mano, i suoi hanno speso tutto in un agenzia che garantisce un contratto di lavoro, finto anche quello, e documenti per entrare; gli altri arrivano senza e poi trovano un modo qui, ma le cifre non cambiano (mi parla di cifre che si aggirano dai 5000 ai 10.000 euro, poi c’è anche qualcuno che ce la fa con meno) e per pagare lavorano nei campi per uno o due euro l’ora.
“I documenti sono buoni” mi dice, ma la data di nascita è falsa. Devono sembrare più giovani in modo che per i futuri datori di lavoro, nel paese ospite, sia più facile ed economico assumerli. Non sono i soldi che ha speso a preoccuparlo, il gap è troppo forte, l’insostenibile abisso che si è creato tra l’occidente ricco e capitalizzato ed i paesi in via di sviluppo sembra poter giustificare qualsiasi spesa, qualsiasi sacrificio pur di arrivare, quello che gli trasforma lo sguardo e lo incupisce di una tristezza che pensavo fosse solo dei rifugiati politici, è la perdita di identità. Un uomo che fa una vita da ragazzo, che viene trattato da ragazzo, che ha paura di dire chi veramente è come se ci fosse un motivo per vergognarsene.
Il caldo umido, la pioggia, i colori, i profumi della cucina speziata di casa gli brillano negli occhi, vedo davanti a me l’uomo e non più lo studente e come lui mille altri e mi arrivano alla mente tutti i commenti stupidi, irriverenti, di chi dormendo nel letto che tanto gli è familiare, con un nome, una storia, un compleanno che gli corrispondono e che gli consentono quel riconoscimento cartaceo ed ufficiale che in occidente è così fondamentale, si permette di denigrare e ghettizzare gli immigrati che arrivano nel nostro paese.
Io sono Vishaal, sono Kondra, Deepak, Chang, sono Fabrice, Pedro, sono il ricordo di Maria, Carmine, Totò partiti per l’america solo qualche generazione fa e ho una storia. Io sono Vishaal, Kondra, Deepak, Chang, Fabrice,Pedro e voglio rispetto.