Una fotografa ha catturato i ritratti di decine di madri nude e donne incinte nel tentativo di ritrarre i loro corpi ‘così come sono‘, e per sfatare l’idea che dovrebbero ‘riprendersi‘ subito dopo il parto.
Beall Jade, una mamma di Tucson, in Arizona, ha iniziato con la pubblicazione di una serie di autoritratti semi-nuda su Facebook , rivelando tutte le cicatrici e le imperfezioni che sono venute con la gravidanza e la nascita di suo figlio.
Dopo che i ritratti hanno ispirato centinaia di altre madri, molte delle quali volevano essere fotografate in un modo simile, la sig.ra Beall ha trasformato le sue immagini in un libro intitolato A Beautiful Body Project , pubblicato in Gennaio.
Il libro di fotografie in bianco e nero comprende anche le “incredibili, interessanti e talvolta dolorose storie” di ogni donna.
In più, il libro ha “toccato” così tante donne che è stato interamente finanziato da donazioni e volontari che hanno raccolto quasi 35.000 dollari tramite Kickstarter, per il progetto del libro.
La sig.ra Beall ha detto all’Huffington Post : ‘Siamo di fronte ad una epidemia di donne che si sentono indegni di essere chiamate belle.’
Per rimediare a questa ‘epidemia‘, spera di ridefinire l’idea di bellezza delle donne, specialmente quelle i cui corpi si sono trasformati attraverso la gravidanza e il parto.
‘La vergogna delle madri dopo il parto può provocare sensazioni di fallimento, essere madre è già abbastanza impegnativo‘ la sig.ra Beall ha anche aggiunto che i sentimenti negativi sono spesso esagerati tra le molte donne che si sentono ‘brutte’ ancor prima del parto.
Alla sig.ra Beall piace pensare che le sue fotografie siano ‘medicinali‘, sia per le donne che vengono ritratte, sia per la società la cui percezione della bellezza ha bisogno di ‘guarire‘
In futuro, la sig.ra Beall prevede di espandere i suoi ritratti di includere coloro che stanno invecchiando o che soffrono di cancro o disturbi alimentari.
Secondo il sito web del libro, ‘ “A Beautiful Body Project” è un movimento delle donne che si uniscono per raccontare le loro storie e celebrare i loro corpi in continua evoluzione, in modo che le future generazioni di donne possano vivere libere da auto-sofferenza.‘