Com’è nato lo sciamanesimo transculturale
Nato nel 1929 in America, Michael Harner, padre dello sciamanesimo transculturale, mostra presto un certo interesse verso le culture antiche: comincia la sua carriera specializzandosi in archeologia, per poi proseguire verso l’etnografia, e infine verso l’antropologia. I suoi viaggi in Amazzonia per incontrare alcune tribù indigene e le esperienze che vivrà, tuffandosi nelle loro pratiche mistiche lo porteranno man mano a scoprire un nuovo mondo che, grazie ai suoi studi, riuscirà a portare al mondo occidentale.
“Michael Harner è un grande sciamano, e dimostra che una persona può essere al tempo stesso uno scienziato e uno sciamano.”
— Bo Bair Rinchivov, sciamano buriata siberiano
L’esperienza visionnaria
Tutto comincia una notte del 1961, tra gli Indios Conibo del Perù. Gli Indios impongono a Michael Harner di bere la bevanda psicotropa usata dai loro sciamani come requisito essenziale per informarsi sulle loro esperienze spirituali e la loro religione, si tratta di una pianta-maestra: l’ayahuasca. Harner accetta la pozione e vive un’esperienza estremamente potente e che sfida radicalmente la sua visione occidentale della realtà. Nel libro “La via dello sciamano”, ed. Mediterrannee, racconterà nei dettagli la sua esperienza con l’ayahuasca e gli “icaros”, canti sacri delle cerimonie con la pianta-maestra, che lo porterà sulla soglia della morte ma che diventerà nello stesso tempo il punto di partenza dei suoi studi alla ricerca del nocciolo dello sciamanesimo e di quella realtà comune a tutti gli esseri umani, al di là della loro religione, etnia e cultura: la realtà non-ordinaria.
Andare al nocciolo: scoperta della pratica sciamanica al di là delle tradizioni
Quell’esperienza con l’ayahuasca gli aveva aperto gli occhi su un nuovo mondo ma, avendoci rischiato la vita, cercò altri metodi di alterazione della percezione che non coinvolsero sostanze psicoattive usate a quei tempi ‒ come peyote, mescalina, funghi messicani e LSD ‒. In quel periodo e sotto l’influenza dei libri di Castaneda, la maggioranza cominciava a convincersi che per vivere una reale esperienza visionaria, le sostanze psichedeliche erano necessarie; tuttavia Harner aveva già avuto un’esperienza forte indotta solo dal suono del tamburo e dai canti sacri nel lontano 1948, in un pueblo Zuni del New Mexico. Intorno agli anni 50, fece altre esperienze simili con i sonagli dei Mohavee dei Cahuilla.
Negli anni 60 ammise: “A poco a poco le mie ricerche transculturali mi costrinsero a concludere che, nella maggioranza delle culture native, gli sciamani non facevano uso di piante psicotrope per indurre cambiamenti di coscienza.”
Le sue ricerche lo portarono negli anni 80 agli sciamani siberiani, che non avevano assolutamente bisogno di sostanze per indurre il viaggio sciamanico, a conferma di ciò che aveva scoperto e sperimentato lui stesso anni prima.
Il suono monotono del tamburo, battuto ad un ritmo ben preciso, era in grado di alterare ‒ o ampliare ‒ la coscienza. Infatti, il battito del tamburo era in grado di indurre una variazione delle onde cerebrali, verso un tracciato di tipo Theta, ritenuto dagli accademici il più efficace per indurre stati di Trance. Era possibile sperimentare il viaggio sciamanico solo con l’uso del suono per alterare la coscienza e le esperienze vissute erano assimilabili a quelli degli sciamani nativi, come poi documenterà nel suo libro “La caverna e il cosmo”, ed. Crisalide.
Il recupero della nostra eredità spirituale
L’animismo, radice dello sciamanesimo, era la fede più antica del mondo, ma sopratutto era universale; ciò significa che anche in Europa, si potevano riscontrare alcune pratiche animiche e sciamaniche. Michael Harner ipotizzò che il volo delle streghe fosse in realtà un’esperienza psichedelica indotta dall’assunzione di piante psicotrope, come spiegherà nel suo testo Hallucinogens and sciamanism, presentato al convegno dell’American Anthropological Association nel 1965.
Di fronte alla perdita del suo bagaglio ancestrale, Michael Harner decise di insegnare la pratica di ciò che avrebbe chiamato Core- Shamanism al mondo occidentale per permettergli di ricollegarsi con la sua memoria antica e recuperare quella parte di eredità spirituale che gli era stato derubato dall’oppressione religiosa avvenuta nei secoli scorsi.
Caratteristiche della pratica sciamanica secondo il Core-Shamanism
1 . Le tecniche di base sono accessibili e non richiedono particolari abilità.
2 . È particolarmente indicata per gli occidentali che provengono da una cultura che è stata privata dalla propria tradizione ancestrale.
3 . Non è una religione. Persone di ogni credo: cristiani, buddisti, agnostici, pagani, ecc. usano le pratiche di sciamanesimo transculturale senza rinnegare la propria fede.
4 . Usa il battito del tamburo, il suono dei sonagli, la danza e i canti per giungere alla trance sciamanica.
5 . L’uso di sostanze psicotrope NON è contemplato – anzi, è fortemente sconsigliato –.
6 . È esperienza diretta. L’unico insegnamento previsto è quello delle tecniche pratiche.
7 . Non c’è nessun insegnamento di tipo religioso. Il percorso spirituale svolto dal praticante è personale e riguarda solo lui.
8 . Incentiva la ricerca interiore e la conoscenza profonda di sé.
Per non ripetere gli errori del passato: il Shamanic Knowledge conservatory
“Negli anni 60 iniziai a creare un’ampia biblioteca di pubblicazioni relative allo sciamanesimo, e negli anni 70 cominciai anche a raccogliere le testimonianze di studenti occidentali che avevano fatto dei viaggi sciamanici o altri tipi di esperienze sciamaniche. Oggi questi materiali costituiscono lo Shamanic Knowledge Conservatory della Fondazione, che include anche le pubblicazioni sullo sciamanesimo nativo e un gran numero di oggetti sciamanici.”
— Michael Harner
Durante i numerosi anni durante i quali ha insegnato le tecniche della pratica del Core-Shamanism, Michael harner ha custodito i resoconti dei viaggi dei suoi studenti, facendo una sorta di “mappatura” della realtà non-ordinaria e ha notato, come viene illustrato benissimo nel libro “La caverna e il cosmo”, che questa mappatura sembra universale in quanto la rappresentazione dei mondi è simile a quella che gli sciamani nativi si tramandano di generazione in generazione. La pratica sciamanica è un’esperienza diretta ed autentica che ci permette di ricollegarci con un mondo al quale, in definitiva, abbiamo sempre appartenuto.
Un’eredità senza tempo
Michael J. Harner, antropologo e fondatore della Foundation for Shamanic Studies è deceduto questo 3 febbraio e lascia dietro di sé una grande eredità che vivrà attraverso le migliaia di persone che hanno scoperto la pratica sciamanica grazie alle sue ricerche, ecco perché tenevo ad omaggiarlo in questo articolo.
Ha dedicato la sua vita allo sciamanesimo, al suo studio e alla sua preservazione. Grazie alla sua fondazione, il mondo occidentale ha potuto riassaporare, grazie alle sue tecniche, il legame intimo che lo lega alla natura che lo circonda, ma sopratutto, lotta per la preservazione dello sciamanesimo indigeno, a rischio di estinzione. Come puoi vedere, ciò che ha creato in questi 60 anni è molto importante, non solo per gli Occidentali, ma per il mondo intero, motivo per il quale tenevo a rendergli un ultimo omaggio.
Thank you and may you rest in Beauty, Michael Harner!
Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice & Shamanic storyteller
www.risorsedellanima.it