Oggi è conosciuto perlopiù come sciamano, osannato da molti, criticato da altri, amato, odiato, mal interpretato, mitizzato. Ma chi era davvero Carlos Castaneda? E soprattutto è davvero importante saperlo?
A livello biografico le informazioni sono incerte perché la sua intera vita è ammantata di mistero. A quanto pare il nome originario era Carlos César Salvador Aranha Castañeda, nato a Cajamarca, Perù, il 25 dicembre 1925, deceduto a Los Angeles il 27 aprile 1998, senza funerale pubblico. Secondo altre fonti sarebbe invece nato nelle favelas del Brasile, adottato da una famiglia di Los Angeles.
Trasferitosi negli Usa nei primi anni 50′, Castaneda si iscrive all’Università della California di Los Angeles laureandosi in Arte nel 1962 e ottenendo il dottorato in Filosofia nel 1970. Secondo altre fonti ottiene invece il dottorato in Antropologia all’UCLA. E’ grazie alla pubblicazione del suo primo libro, “Gli insegnamenti di Don Juan: una via Yaqui alla Conoscenza” del 1968, presentato come una ricerca etnologica condotta in Arizona, che inizia ad attirare le attenzioni del grande pubblico, suscitando non poche polemiche. Di lì in avanti Castaneda pubblica numerosi libri incentrati sugli insegnamenti dello sciamano yaqui Don Juan incontrato nel 1960.
Don Juan lo avrebbe iniziato alla stregoneria antica messicana aiutandolo a conoscere nuovi mondi e stati di coscienza alterati. I suoi libri, in cui riporta le esperienze vissute in prima persona, ottengono molto successo ma altrettante critiche da parte dei colleghi antropologi e della comunità scientifica, che lo accusa di ciarlataneria.
Qualunque sia la verità sul suo conto, fantasia o realtà, ciò che dovrebbe impressionarci, come suggerisce lo scrittore messicano Octavio Paz, è l’enorme portata delle sue idee, della sua filosofia, dei suoi paradigmi: “A chi importa se Don Juan e Don Genaro esistettero veramente? Questo è semplicemente “pensare povero”. Ciò di cui io mi interesso è il lavoro di Castaneda: Idee, filosofia, paradigmi, ecc. Se i libri di Castaneda sono fantasia, grandioso, sono i migliori libri di finzione che io abbia mai letto.” (Octavio Paz).
Il pensiero di Carlos Castaneda e 4 insegnamenti preziosi
I libri di Carlos Castaneda coprono circa un ventennio della sua vita e pur essendo stati scritti anche a distanza di anni gli uni dagli altri, impressionano per la loro coeranza, che induce a credere nell’autenticità delle esperienze riportate dall’autore. A prescindere che sia realtà o fantasia, la portata filosofica del suo pensiero è senza dubbio immensa. Ma quali sono gli insegnamenti più preziosi di Castaneda? Difficile sintetizzarli in pochi punti, possiamo provarci.
1. E’ importante spingersi oltre il pensiero ordinario per non rimanerne ingabbiati.
Per riuscirci bisogna “ingannare la mente“, farsi degli “agguati“, ovvero osare comportamenti che si distaccano dalla routine provocando “un effetto insolito sul nostro essere totale“. La routine non è solo noiosa ma può diventare una gabbia dorata perché ci impedisce di guardare oltre e di pensare oltre. Quando sperimentiamo un nuovo comportamento, per esempio reagendo in modo diverso dall’abitudine a una provocazione, possiamo accorgerci che esistono altri modi di stare al mondo, di pensare, altre vie, perché è come spingersi in un territorio sconosciuto, dove tutto è ancora da scoprire e dove tutto è possibile. Castaneda ci incoraggia ad abbandonare i canoni di pensiero abitudinari per aiutarci ad esplorare quel nuovo mondo di possibilità.
2. Mettere in dubbio ogni cosa, a partire dal pensiero razionale.
Quando Don Juan propone a Castaneda l’utilizzo di piante di potere, ovvero piante allucinogene, lo fa per aiutarlo a rompere il ragionamento razionale e a guardare il mondo in modo diverso, più ampio. Questo non significa che si debba ricorrere a strumenti simili per ampliare gli orizzonti ma indica che la mente razionale, a cui siamo abituati, non riesce a spingersi oltre l’apparenza delle cose, e per farlo c’è bisogno di un modo di pensare nuovo. A tal proposito Igor Sibaldi suggerisce di approcciarsi alla vita in modo metafisico, ovvero ponendoci continue domande, perché solo così la nostra vita si fa interessante, proprio come una fiaba che non finisce mai.
3. Aspirare alla libertà.
Libertà che si raggiunge, come lo stesso Castaneda affermò in un’intervista, “tramite la consapevolezza dell’essere” e l’espandersi della percezione. Una liberta che “non è solo questione di benessere psicofisico“. Una libertà che non si può acquisire leggendo qualche libro ma che va coltivata e maturata pian piano, mettendo in discussione tante delle “verità” che diamo per scontate, e quindi dubitando del nostro stesso modo di vedere la realtà. Spesso sprechiamo tempo per dimostrare di avere ragione, convinti che il nostro pensiero, il nostro modo di stare al mondo, sia migliore o più “vero” degli altri. Iniziamo da qui, mettendo in discussione in primis noi stessi e le nostre pseudo-certezze che rappresentano dei limiti.
4. Non avere paura dell’ignoto.
Castaneda in un’intervista disse: “per entrare nel suo (riferendosi al mondo di Don Juan) bisogna essere fluidi, senza idee precostituite e soprattutto senza paura dell’ignoto.” Cos’è l’ignoto? E’ la novità, è il non conosciuto, è il mondo al di là della nostra idea di mondo. Fa terribilmente paura ma restando tranquilli nel nostro “giardino”, non potremo mai sapere cosa c’è al di là di esso, precludendoci tante nuove possibilità. E questo vale anche nella vita di ogni giorno, nel lavoro, in amore e in qualunque altro ambito.
Laura De Rosa