La Fenice è per noi un simbolo di rinascita e resurrezione. La leggenda narra che poteva vivere fino a 500 anni e che prima di morire, costruiva un nido di mirra, incenso e cannella prima di offrirsi ai raggi incendiari del sole di cui, secondo una leggenda egizia, era l’anima in terra, fino ad essere consumata dalle fiamme. Dalle sue ceneri spuntava allora un uovo, che nell’arco di tre giorni, dava nascita alla fenice risorta semper eadem, “sempre la medesima”.
Molti significati simbolici gravitano intorno a questo leggendario uccello, che poteva prendere le sembianze di un’aquila reale, di un pavone, di un passero o di un airone cenerino, ma ciò che possiamo capire, viaggiando attraverso le righe del suo mito, è che narra dei segreti del tempo, della creazione e dell’anima.
I simboli della Fenice parlano della storia della creazione
La fenice è un uccello sacro di cui possiamo trovare tracce un po’ ovunque nel mondo. Secondo le leggende tramandate dai Greci, poteva vivere 500 anni ma in altre versioni poteva raggiungere i 1000, 1461, 12954 o più anni.
Nell’Antico Egitto, era simbolo dell’anima
Nell’Antico Egitto, la Fenice era chiamata “Bennu”, dal verbo wbn, “splendere” ed era considerata come il Ba del dio Ra. Capire cosa rappresentava il Ba per gli Egizi è fondamentale se vogliamo comprendere il profondo significato del mito della Fenice.
Il Ba, nella composizione dell’Essere nell’Antico Egitto, rappresentava quella componente animica che aveva funzione di dialogo e trasformazione: era il ponte tra il mondo degli dei e degli antenati e quello sensibile degli esseri umani al quale rimaneva sempre legata.
Il Ba era la parte d’anima che lasciava il corpo dopo la morte e volava verso il mondo spirituale avendo sempre la possibilità di incarnarsi a suo piacimento, anche in animali, alberi o statuine di culto per portare messaggi. Il Ba aveva anche il potere di moltiplicarsi rimanendo sempre se stesso attraverso le diverse forme.
La Fenice era l’airone cenerino che si posava sulla cima del salice sacro di Eliopoli, albero sacro ad Osiride, il dio risorto, portando gioia e speranza dopo il periodo di esondazione del Nilo che fertilizzava le terre d’Egitto e ne determinava la prosperità.
La Fenice cinese simboleggiava i corpi celesti e le virtù
Nella Cina imperiale, la troviamo sotto il nome di Fenghuang, uccello terrestre che secondo le antiche credenze governava tutti gli animali. Si pensava che il suo corpo fosse l’insieme di molte altre creature: il becco di gallo, il muso di rondine, la fronte di una gallina, il collo di un serpente, il petto di un’oca e il dorso di una tartaruga, le gambe di cervo e la coda di pavone. Nel suo corpo erano racchiusi i simboli dei corpi celesti: la testa rappresentava il cielo; gli occhi, il sole; il dorso, la luna; le ali, il vento; i piedi, la terra; e infine la coda ritraeva i pianeti.
Nel primo libro del Shan Hai Jing o “Libro dei monti e dei mari”, sono descritti i segni del Fenghuang:
“I segni che reca sul capo dicono le virtù; quelli sulle ali dicono ‘giustizia’; quelli sul dorso dicono ‘ritualità’; quelli sul petto dicono ‘umanità’; quelli sul ventre dicono ‘sincerità’.”
La Fenice nell’ebraismo
Nella tradizione ebraica, la Fenice era chiamata Khôl o Milcham. Secondo un antico midrash del Bereshit Rabbah, Eva fece mangiare del frutto proibito a tutti gli animali dell’Eden dopo aver peccato affinché seguissero la sua stessa sorte. Un animale soltanto si oppose al suo volere: la Fenice. Per questo motivo, non fu toccata dalla morte e visse in eterno. Divenne per questo motivo simbolo di incorruttibilità.
La via alchemica e la ricerca dell’uovo cosmico
Troviamo la Feniche anche nella tradizione alchemica, dove rappresenta la Rubedo, l’ Opera al Rosso, che conferiva a chiunque vi giungeva l’immortalità e la pietra filosofale: simbolo della gnosi salvifica, era spesso rappresentata come un uovo; questa pietra era considerata come la panacea suprema e aveva il potere di curare tutti i mali. Inoltre, la sua forma ovoidale rappresentava l’uovo cosmico, simbolo della nascita del mondo che racchiudeva in sé tutti i misteri.
La Fenice e i segreti del tempo: la precessione degli equinozi
Una delle prime menzioni in letteratura della Fenice si trova in un tratto assai enigmatico attribuito ad Esiodio, poeta greca del VIII secolo a. C. , che narra della sua straordinaria longevità: “La cornacchia gracchiante vive nove generazioni di uomini fiorenti fin dalla giovinezza; il cervo vive quattro volte di più della cornacchia; il corvo invecchia per tre età del cervo; la fenice vive nove epoche del corvo e noi viviamo dieci epoche della fenice, noi Ninfe dai bei capelli, figlie di Zeus armate dell’egida.” [Fonte]
Alcuni ricercatori vedono nell’operazione aritmetica proposta da Esiodio un riferimento al periodo noto con il nome di “anno platonico”, durante il quale la posizione delle stelle sulla sfera celeste cambia lentamente, determinando l’alternarsi delle ere zodiacali, ovvero, la precessione degli equinozi.
Cosa si nasconde dietro l’immortalità della Fenice?
Post fata resurgo!
“Dopo la morte mi rialzo!”: tale è il motto della fenice, la cui immortalità non si fonda sulla negazione della morte ma sulla sua potenza rigeneratrice attraverso le fiamme purificatrici. Il potere della Fenice deriva quindi non dall’annullamento del declino ma dalla sua capacità di accoglierlo e di trasformarlo, o meglio, trasmutarlo come direbbero gli alchimisti.
Nel suo ciclo di vita, morte e rinascita, la Fenice ci insegna pertanto il segreto dell’immortalità che non consiste nel non morire mai, ma nel rinascere sempre, semper eadem.
Possiamo quindi riconoscere nel suo mito un invito alla resilienza, a rinascere dalle nostre ceneri, sempre accompagnati dall’elemento essenziale che la Fenice tramanda a se stessa e che forse è l’ingrediente fondamentale della sua immortalità e che lei nasconde ad ogni morte e rinascita in quel nido che gli permette di rinascere: le ceneri, ovvero la materia purificata che racchiude la memoria del fuoco primordiale, della sua origine.
Questo rinascere dalle proprie ceneri, dalla memoria di se stessa, conferisce alla Fenice la sua eternità che fluisce assieme alla dimensione del tempo; la rende allo stesso momento sia genitrice che figlia di se stessa; e il nido, sia sepolcro che culla, racchiudendo di fatto nella sua complessa simbologia a forma di uovo il cerchio della vita senza fine.
Fonti:
• Archeboli. La Fenice
• Chabad. The phoenix
• Composition de l’être dans l’Égypte antique
• La Fenice d’Oriente
• La Fenice: il bennu
Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice e operatrice in discipline Bio-Naturali
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