Con ogni addio impari. E impari che l’amore non è appoggiarsi a qualcuno e la compagnia non è sicurezza.
E inizi a imparare che i baci non sono contratti e i doni non sono promesse.~ Jorge Louis Borges ~
Si sente spesso parlare della ferita dell’abbandono, ritenuta una delle peggiori, difficile da rimarginare, per alcuni impossibile da superare. Ma se guardassimo le cose da una prospettiva capovolta, l’abbandono non potrebbe essere un dono?
L’abbandono come dono
Il problema non è l’abbandono in se stesso ma il modo in cui reagiamo ad esso. L’abbandono, quando accettiamo di viverlo fino in fondo e di lasciarci destabilizzare dalla sua forza prorompente, è un passaggio in grado di spazzare via il vecchio per fare posto a novità fino ad allora impensabili. E’ come un viaggio avventuroso, che ti fa perdere i confini, uno di quelli che sai quando parti ma non quando ritorni, che ti fanno smarrire per sempre la strada inducendoti a mettere in discussione qualunque cosa. Certo, ci sono abbandoni e abbandoni e fare di tutta l’erba un fascio è riduttivo ma siamo certi che siano sempre e comunque negativi?
L’abbandono ti fa smarrire chissà dove e quando scopri che non sai chi sei, dove vai, e che forse tutto ciò che hai fatto fino a quel momento non ti serve più, finalmente ti senti perso.
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Aldo Carotenuto, psicoanalista, scrittore e docente universitario italiano, a proposito dell’abbandono affermava fosse una delle situazioni più belle della vita, che tutti dovrebbero vivere almeno una volta. Perché attraverso esperienze come quella dell’abbandono il proprio piccolo mondo cambia, non è più quello di prima. Una trasformazione che mette paura e fa soffrire e che tuttavia innesca un processo di profonda metamorfosi. Se alcuni tipi di sofferenza fossero davvero un dono prezioso? Mai come nei momenti di spaesamento totale ci sentiamo connessi con parti inesplorate di noi stessi scoprendoci diversi dal solito.
Viva chi mi abbandona! Mi ridà a me stesso.
~ Henry de Montherlant ~
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A cosa serve l’abbandono?
Tendiamo a percepire il dolore, la tristezza, la solitudine e tutto ciò che non appartiene alla sfera “solare”, come qualcosa di negativo, da eliminare o da cui allontanarsi il più rapidamente possibile per tornare allo stato di beatitudine. Come fossimo piante che pretendono di avere fiori tutto l’anno, tacciando le fasi di ritiro come brutte e cattive. Ma una vita all’insegna della solarità, termine che oggi piace molto, è una vita felice? Ed è una vita completa? C’è una differenza abissale fra chi è felice e chi si accontenta della felicità a buon mercato. E c’è una grossa differenza anche tra i vari tipi di sofferenza.
Meglio essere abbandonati da venti amanti
che giacere in un letto senza amore
Meglio una pagnotta bagnata di lacrime
che pane asciutto e senza sale.
~ Dorothy Parker ~
Una vita appagante implica perdite, smarrimenti, abbandoni, emozioni destabilizzanti e che tenersi al riparo da tutto questo sia terribile perché pur assicurando una certa stabilità, ci priva della libertà e dell’autenticità. Ovvio che se rimaniamo attaccati al passato, l’abbandono a lungo andare può trasformarsi in una gabbia. Spetta a noi fare in modo che non accada, che non diventi un’altra scusa, l’ennesima, per restare fermi.
L’abbandono ci costringe ad “abbandonare” le certezze solide su cui costruiamo le nostre fragili vite, illudendoci di averne il controllo. Ci costringe a guardarci dentro con insolita profondità. Ci induce a scoprire che tutto cambia costantemente. Quando nella perdita scopriamo la nostra perdita, non riceviamo forse un prezioso dono? Certo, capita anche che il prezzo da pagare sia molto alto perché la vita non è sempre giusta, sebbene la giustizia sia un concetto prettamente umano.
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L’abbandono è sempre negativo?
L’abbandono ci fa inevitabilmente perdere parti di noi stessi e questo, per molti, è ingiusto. Ma chi non si perde mai, non perde forse la possibilità di guardare oltre se stesso? Inoltre credere di poter eliminare gli abbandoni dall’esistenza è una pretesa illusoria ed egocentrica.
Spesso si legge dell’abbandono in chiave negativa ma non si può fare a meno di chiedersi se le persone che hanno subito questa esperienza, prima di altre, non abbiano in realtà più chance di scoprirne il dono. Certo, la sfida richiede maggiore sforzo ma d’altronde qualunque viaggio di scoperta presuppone una certa difficoltà. La sofferenza è necessaria e a volte, è proprio grazie ad essa, che si aprono nuovi orizzonti.
È una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito.
~ Antoine de Saint-Exupéry ~
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