In ogni manifestazione religiosa da oriente ad occidente viene fortemente esaltata la componente simbolica come possibilità di approfondimento e penetrazione dei misteri che riguardano la sfera trascendentale e mistica. Esistono oggetti che diventano simboli (come la croce per i cattolici o il candelabro a sette braccia, la menorah, per la tradizione ebraica) o viceversa, simboli che possono trasformarsi in oggetti come amuleti, ciondoli e arazzi, facendo sì che il simbolo non venga solamente venerato ma anche inserito nella quotidianità dell’individuo rafforzando il significato di base.
In molte culture come quella musulmana, buddhista o induista proprio i simboli geometrici, l’intersecazione fra linee, punti e motivi, hanno sempre avuto una rilevanza fondamentale nel percorso di studio e devozione religiosa: forme geometriche differenti, spesso poi assemblate anche con l’uso di lettere dell’alfabeto specifiche, creano spettacolari simboli carichi di significati e concetti metafisici ad ampio respiro e più profondi.
Dalla tradizione orientale, in particolare, giunge oggi in modo abbastanza diffuso anche nella nostra parte di mondo la tradizione del “mandala” e del loro potenziale curativo e rilassante relativo, specialmente quando ci si ritrova a sperimentare la buona pratica del colorare questi simboli come opportunità per liberare la mente ed innalzare lo spirito.
Un’altra categoria di simboli, tanto pregni di significato e criptici allo stesso tempo, che spesso viene erroneamente confusa con i mandala, è quella dei così detti “yantra”: figure geometriche differenti dai mandala sia da un punto di vista strutturale che da quello d’origine e significato.
I mandala sono infatti più legati alla tradizione buddhista mentre gli yantra a quella induista. Da un punto di vista strutturale la differenza fondamentale fra mandala e yantra è la forma geometrica predominante. I mandala, sono simboli dalla forma prettamente o maggiormente circolare. Il termine è composto dalla radice manda, che significa essenza, principio, e dal suffisso la, cioè contenitore; il risultato è dunque concettualmente un luogo simbolico in cui viene custodita l’essenza cosmica. Essendo rappresentazione simbolica del cosmo la parola mandala viene poi tradotta direttamente con il termine di cerchio o ciclo.
Lo yantra invece non ha una forma geometrica predominante ma il margine della figura è un recinto quadrato con quattro porte sacre che si aprono verso i punti cardinali. Nella sua origine etimologica ha il significato proprio di “strumento”, da yam che significa sostenere, reggere o sorreggere l’energia e per questa ragione sin dal principio era “yantra” anche qualsiasi marchingegno usato in architettura, alchimia, astronomia, chimica etc. Come strumento esoterico è un supporto fondamentale nelle discipline meditative e per lo sviluppo della consapevolezza.
Approfondendo l’analisi degli yantra ritroviamo il concetto per cui tutto parte da un centro (un punto detto bindu) che rappresenta l’origine e il ritorno al tutto, fonte inesauribile di un’energia che permea l’umanità ed il cosmo. Le linee, le lettere, i punti, all’interno della figura ed il loro trascendentale posizionamento permettono all’uomo di comprendere che nonostante tutte le possibili deviazioni e gli apparenti punti di rottura o allontanamenti ogni strada che percorriamo è collegata all’Uno, al senso e all’essenza delle cose, l’origine e il compimento allo stesso tempo.
Attraverso l’utilizzo degli yantra mistici è dunque possibile ricostituire davanti ai propri occhi – esteriori ed interiori – il seme di totalità che permea l’universo e che dà forma, unità nella differenza, giungendo ad un centro di risveglio, crescita e consapevolezza. Per lo stesso richiamo al concetto di totalità, ogni simbolo dello yantra non deve essere preso in considerazione singolarmente ma come parte di una lettura più estesa, in una sorta di sintesi di un modello universale, che si riassume in due dimensioni: quella macrocosmica e quella microcosmica della psiche.
Approcciarsi alla devozione degli yantra è una pratica sottile e richiede centratura e conoscenza sul significato alla base del simbolo, che oltre a riguardare in linea generale ogni ambito della vita (come abbondanza, fortuna, salute) fa spesso riferimento alla divinità stessa del mondo induista che si pone a protezione della specifica richiesta. Inoltre, le proprietà dello yantra possono essere ampliate dalla facoltà di recitare mantra durante l’avvicinamento alla figura e dunque al significato stesso del simbolo, in modo da esaltarne la potenza per mezzo delle vibrazioni sonore prodotte dalla voce; è dunque con l’unione di concentrazione sul simbolo ed utilizzo della voce che si ha il principale risultato dalle meditazioni.
L’aspetto più misterioso di questi simboli si ricollega al fatto che nella dimensione onirica o meditativa a volte sono gli stessi simboli ad apparire dinanzi all’individuo, attraverso visioni di forme e colori svariate e vivaci, più o meno nette. Jung stesso sosteneva che queste forme non siano state “prodotte” o create, quanto invece scoperte e riportate alla luce mediante primitive forze interiori che si sottopongono ad un processo di risveglio, esprimendo principi universalmente eterni o forse, per meglio dire, mai condizionati dalle limitazioni temporali, usando un linguaggio archetipo come espressioni di concetti sotto forma di simboli che non distinguono cultura o religione ma riconducono l’uomo verso quel tutto, quell’Uno da cui ogni cosa si manifesta, che è casa e spirito dell’umanità.
di Chiara Pasin