Intuito, istinto e intelletto. Tre concetti molto diversi fra loro che possono essere tanto nemici quanto amici l’uno dell’altro. Partiamo dall’istinto, ovvero la tendenza innata che ci spinge a reagire in determinati modi, fissi e immediati, davanti ad alcune situazioni. Non c’è bisogno di soffermarsi ulteriormente sul concetto ma è bene distinguerlo dall’intuito o intuizione, visto che i due termini vengono utilizzati spesso come sinonimi. Se infatti l’istinto è la voce della natura insita in noi, l’intuito è qualcosa di più. Sia chiaro, senza istinto non sussiste intuito, ma il concetto rimane pur sempre diverso. L’intuito è infatti una qualità più ampia che si attiva quando la mente riesce ad accedere a una visione diversa dal consueto. L’intelletto, in questo processo, può essere d’intralcio o di aiuto, a seconda di come viene impiegato.
Purtroppo, oggigiorno, il pensiero logico ha preso il sopravvento e ciò ha portato a una generale incapacità di prestare ascolto alla voce dell’intuizione. Non che questa sia realmente scomparsa, ma gran parte di noi ne ignora il linguaggio o ne soffoca i messaggi rimpiazzandoli con i pensieri. E’ il caso di una persona cui viene proposto un nuovo lavoro: la prima reazione, a livello intuitivo, è negativa ma subito dopo, senza nemmeno accorgersene, il soggetto analizza la proposta a livello razionale e, tenuto conto di una serie di vantaggi, decide di accettarla. Nel giro di qualche tempo il lavoro si rivela deludente ed ecco che, il soggetto, ricorda la vecchia sensazione di disagio sperimentata, come si suol dire, d’istinto. Quella sensazione è in realtà l’intuito. Facoltà che ci aiuta ad analizzare una determinata situazione “a naso”, senza intervento logico, rivelandosi tuttavia veritiera.
Ebbene sì, non esiste solo la mente razionale, l’essere umano è dotato di capacità che vanno oltre la logica e sarebbe bene iniziare a riconoscerle, o perlomeno a offrire loro una chance. Comprendere che oltre all’intelletto esiste altro, è il primo passo per attivare l’intuito e godere dei frutti che ne derivano nella quotidianità. L’intelletto, infatti, può divenire un tramite fra istinto e intuito, in caso contrario esso è puro sapere, pura conoscenza, e in quanto tale limitato, come suggerisce Arshad Moscogiuri in “Istinto, intelletto e intuito”.
Il potere dell’intuizione e le sue origini
Partiamo dal termine “intuizione”, che a quanto pare deriva dal latino intueor, in “dentro” e “tueor” guardare, ovvero guardare dentro. Facoltà che tutti gli uomini posseggono e che si rivela in maniera inspiegabile, come un lampo di genio. Nel corso della storia in molti si sono interrogati sulle sue origini, qualcuno l’ha etichettata come un processo di tipo meccanico di causa-effetto, qualcun altro, vedi i neoplatonici, l’ha descritta come un sapere trascendentale, non razionale, eppure innato.
Platone e Aristotele affermano che grazie all’intuizione il pensiero può accedere ai propri contenuti, ovvero ai principi primi. Per esempio, le idee, forma più elevata di conoscenza, secondo Platone non sono raggiungibili attraverso la sola ragione, poiché trascendono il pensiero di tipo logico. Lo stesso Aristotele ritiene che sensi e razionalità non possano percepire la verità, ovvero cogliere l’essenza delle cose, raggiungibile invece attraverso l’intelletto intuitivo.
Ma perché l’intuito offre conoscenza immediata? Esso, a differenza del pensiero logico, non è duale, ovvero non percepisce divisioni ma l’Uno nella sua interezza. Concetto ripreso dal filosofo Nicola Cusano, che definisce la conoscenza intuitiva trascendente, e Spinoza che ne fa addirittura il pilastro del suo pensiero, definendola superiore sia alla conoscenza di tipo scientifico che a quella sensibile, ovvero dipendente dai sensi. A ribadire il concetto è Nietzsche, secondo il quale l’intuitio mystica è lo scopo del filosofare, e ancora Bergson e Carl Gustav Jung, che lo definisce un processo di intervento dell’inconscio attraverso il quale la mente percepisce i modelli della realtà nascosti dietro i fatti.
Come affinare l’intuito
L’intuito, in definitiva, è una qualità che include istinto, intelletto e intuito stesso. L’intelletto, in quest’ottica, fa da ponte purché si sia disposti a non considerarlo onnipotente. Se ne deduce che il primo passo per affinare l’intuito è crederci, eliminando la convinzione, tanto diffusa, della validità del solo pensiero logico.
Come afferma Arshad Moscogiuri, “la scienza senza coscienza non è uno strumento, ma un pericolo; come dare una pistola carica in mano a un bambino. Il che rammenta l’attuale situazione storica: interi arsenali in mano a degli irresponsabili incoscienti. Non serve molto intuito, è sufficiente un po’ di deduzione per comprendere quali e quanti siano gli effetti non solo globali, sociali, della separazione dell’uomo da sé, ma anche quelli individuali. Siamo lontani dalle nostre percezioni intuitive, nella stessa misura in cui lo siamo dalle nostre percezioni istintive. Eppure, ognuno ha esperienze di intuizioni; a tutti è capitato di intuire, più e più volte. Il problema è dato dall’attenzione, dalla consapevolezza. Così come l’istinto è represso, inascoltato e pertanto inconscio, lo stesso accade con l’intuito.”
Ed è questo il punto, la consapevolezza, di cui spesso siamo privi quando si tratta di argomenti “illogici”. Dobbiamo prestare ascolto al nostro intuito evitando di attribuirlo al caso, conferirgli importanza, dignità, riconoscendolo, fidandoci di esso. Più lo faremo, più si manifesterà. L’intuito non arriva dall’alto ma da dentro. La visione intuitiva non segue la logica né la dualità, essa è inclusiva e di tipo circolare. A regolarla, secondo alcune correnti mistiche e la spiritualità new age, è il terzo occhio, cui corrisponde il sesto Chakra, “Ajna”, collocato in mezzo alla fronte, capace di vedere oltre, e conciliare, le visioni separate dei due occhi.
Laura De Rosa