Erano le 08:14 e 45 secondi, quando l’Enola Gay sganciò “Little Boy“…
La bomba doveva scoppiare alla quota di 600 metri dal suolo, dopo 43 secondi di caduta libera mentre l’aereo, un B-52 a 4 motori ad elica, faceva un’inversione di 178° alla massima velocità consentita. Little boy all’uranio 235, provocò uno scoppio equivalente a 13 chilotoni, uccidendo sul colpo tra le 70 000 e le 80 000 persone e radendo al suolo circa il 90% degli edifici insieme ai 51 i templi della città di Hiroshima.
Insieme all’Enola Gay volavano altri 2 bombardieri The Great Artiste e il Necessary Evil, l’ultimo chiamato “Male necessario” aveva la funzione di documentare con le foto gli effetti della bomba atomica.
La testimonianza oculare di questo bombardamento fu quella di Pedro Arrupe, un padre gesuita in missione in Giappone:
« Ero nella mia stanza con un altro prete alle 8:15, quando improvvisamente vedemmo una luce accecante, come un bagliore al magnesio. Non appena aprii la porta che si affacciava sulla città, sentimmo un’esplosione formidabile simile al colpo di vento di un uragano. Allo stesso tempo porte, finestre e muri precipitarono su di noi in pezzi. Salimmo su una collina per avere una migliore vista. Da lì potemmo vedere una città in rovina: di fronte a noi c’era una Hiroshima decimata. Poiché ciò accadde mentre in tutte le cucine si stava preparando il primo pasto, le fiamme, a contatto con la corrente elettrica, entro due ore e mezza trasformarono la città intera in un’enorme vampa. Non dimenticherò mai la mia prima vista di quello che fu l’effetto della bomba atomica: un gruppo di giovani donne, di diciotto o venti anni, che si aggrappavano l’un l’altra mentre si trascinavano lungo la strada. Continuammo a cercare un qualche modo per entrare nella città, ma fu impossibile. Facemmo allora l’unica cosa che poteva essere fatta in presenza di una tale carneficina di massa: cademmo sulle nostre ginocchia e pregammo per avere una guida, poiché eravamo privi di ogni aiuto umano. L’esplosione ebbe luogo il 6 agosto. Il giorno seguente, il 7 agosto, alle cinque di mattina, prima di cominciare a prenderci cura dei feriti e seppellire i morti, celebrai Messa nella casa. In questi momenti forti uno si sente più vicino a Dio, sente più profondamente il valore dell’aiuto di Dio. In effetti ciò che ci circondava non incoraggiava la devozione per la celebrazione per la Messa. La cappella, metà distrutta, era stipata di feriti che stavano sdraiati sul pavimento molto vicini l’uno all’altro mentre, soffrendo terribilmente, si contorcevano per il dolore » ~ Remembering Hiroshima: Pedro Arrupe’s Story in Faith Doing Justice, Australian Jesuits, giugno 2007.
Era il 9 agosto quando la bomba “Fat man“, al plutonio 239, venne invece sganciata su Nagasaki, furono circa 40 000 i residenti che vennero uccisi all’istante, e oltre 55 000 rimasero feriti, le vittime comunque salirono a 80mila nei mesi seguenti, e il destino volle che tra le vittime ci furono anche i pochi superstiti di Hiroshima.
Gli attacchi americani al Giappone durante la fine della Seconda Guerra Mondiale, costrinsero i nipponici alla resa il 15 agosto 1945.
Ma la bomba atomica non uccise solo con l’esplosione, le radiazioni iniziali emesse entro il primo minuto furono letali fino alla distanza di un chilometro. La maggiorparte delle persone in quell’area morirono in pochi giorni, e molti di coloro che sembravano rimasti indenni ebbero conseguenze di vario genere e morirono pochi giorni o mesi dopo.
Inoltre le radiazioni entrarono in profondità nel suolo e molti di coloro che entrarono in citta’ dopo l’esplosione alla ricerca di parenti o colleghi di lavoro, e coloro che arrivarono per aiutare i superstiti, furono soggetti agli stessi sintomi a quelli con esposizione diretta alle radiazioni. Molti di loro morirono.
La pioggia nera che scese dopo l’esplosione era ricca di radiazioni e contaminò fiumi e mare uccidendo la fauna acquatica.
Una delle vittime di Hiroshima, una che divenne un simbolo di questa tragedia è Sadako Sasaki, un simbolo di fiducia e modello da seguire, ricordata al parco della pace di Hiroshima con un monumento a suo nome dove ogni anno centinaia di studenti portano i loro omaggi in gru piegate nella carta con la tecnica dell’origami.
La sua storia stringe i cuori di tutti, la bomba scoppiò quando Sadako aveva 2 anni, si trovava a quasi due chilometri dall’esplosione e rimase illesa, lei crebbe, era forte e le piaceva correre, tanto che partecipò anche a delle gare. Nel 1954 si ammalò di leucemia e da quel giorno iniziò a piegare la carta creando delle gru di origami, che la leggenda narra che 1000 gru possono combattere una malattia. Sadako non riuscì a piegarne a sufficienza, perchè il 25 ottobre del 1955 morì… Aveva 12 anni.
I suoi compagni di classe si mobilitarono per costruire un monumento alla pace in suo onore e ricordare tutti i bambini morti a causa della bomba nucleare. il monumento fu finito il 5 maggio del 1958.
Ancora oggi dopo 70 anni dall’esplosione si possono vedere gli effetti della bomba nucleare che negli anni ha ucciso con le sue radiazioni, subdole che si infiltrano nel sangue, che portano tumori, deformazioni, malattie terribili. Basta cercare su Google immagini gli effetti della bomba atomica per rendersi contro dell’abominio, delle conseguenze a lungo termine… del dolore.
A testimonianza di quello che è successo ci sono anche le “ombre di ciò che fu” causate dall’esplosione atomica. Quando il calore della bomba colpì una persona che stava vicino ad una parete, il corpo della persona ‘protesse’ il muro. Quindi, quello che si vede nella foto è una parte non bruciata del muro. Il calore enorme della bomba ha cambiato il colore al muro, al marciapiede e alla costruzione e il corpo lo ha protetto da parte del calore creando quella che sembra essere un ombra. La persona è morta, orribilmente, ma la sua immagine è stata lasciata per ricordarci quanto terribile sia stata l’esplosione.
Oggi gli Stati Uniti d’America sono in possesso di un arsenale fatto di armi nucleari sia strategiche sia tattiche con potenza variabile da meno di un kiloton a parecchi megaton sviluppati dalle bombe H; queste bombe sono chiamate doomsday machine ovvero macchine del giudizio universale, perchè sono in grado di sfruttare l’energia liberata dalla fusione di atomi di deuterio indotta a sua volta da un’esplosione atomica da fissione di plutonio, secondo uno schema ideato da Edward Teller e Stanislav Ulam, sulla base di teorie e concetti sviluppati da Fermi e convalidati dai calcoli di John von Neumann… e il nome è una certezza di quello che sono in grado di fare.
Il lancio di 2 bombe fu deciso dal Presidente Truman per accelerare la resa del Giappone che con l’attacco a Pearl Harbor distrusse completamente la base militare, ma forse alla base del lancio ci fu più il voler sperimentare gli effetti dei due ordigni nucleari, anche studiandone gli effetti secondari, sicuramente fu un deterrente per l’URSS e la sua Armata rossa di avanzare sino a Calais e al Mediterraneo.
Quali furono i motivi reali non lo sapremo mai, le conseguenze lo conosciamo… ora non ci resta che sperare che non ci sia mai più un'”Hiroshima” o un “Nagasaki” da ricordare, nessuna ombra su un muro a ricordare il passaggio di un ordigno nucleare, nessuna malformazione, nessun bambino mai nato, niente di niente, perchè scrivere “per non dimenticare” abbia un senso: un senso vero.
Valeria Bonora